A casa sua, in via Rossini, sono arrivati già quattro telegrammi listati a lutto, diversi mazzi di fiori, una cinquantina di telefonate di cordoglio e decine di persone in visita di condoglianza. «Pure il prete è venuto, l'ho incrociato con la stola viola nell'androne del palazzo e gli ho chiesto dove stava andando, mi ha risposto che aveva saputo del suicidio di un ragazzo e si stava recando dalla famiglia per portare conforto e benedire la salma. Gli ho detto "guardi che sono io quel ragazzo e come può ben vedere sono vivo e vegeto"». Da tre giorni Gianluca Porcu, 30 anni, muratore nuorese, sa cosa significa essere scambiati per un fantasma. La gente lo incrocia per strada e trasecola, sgranando gli occhi e facendosi il segno della croce. Qualcuno addirittura inchioda l'auto e corre ad abbracciarlo in lacrime. E tutto perché, di punto in bianco, in città si è diffusa la voce, non si sa da chi messa in giro, che si era suicidato sparandosi un colpo di pistola in testa. Una leggenda metropolitana ricca di macabri dettagli che ha iniziato a circolare con insistenza da mercoledì, il giorno dopo il suicidio di un altro giovane nuorese trovato impiccato in casa. «È pazzesco - racconta Porcu - mi sembra di vivere in un incubo. Non ce la faccio più. Sono tre giorni che non posso uscire di casa senza che la gente mi guardi come se fossi un fantasma». Naturalmente col passare dei giorni il suo presunto decesso si è arricchito di nuovi e sempre più fantasiosi dettagli: «Non solo mi sarei sparato in testa, ma siccome non sono morto subito sono rimasto in coma per un giorno, sino a quando giovedì non mi hanno prelevato gli organi. Questa è l'ultima versione circolata. Chi ha messo in giro questa balla? Non ne ho idea, comunque se lo scopro non gli farò certo i complimenti». Tanti gli episodi ai limiti del grottesco che gli sono capitati in queste 72 ore vissute da zombie. «Un amico mi ha incrociato in auto e ha frenato di botto. Poi ha fatto inversione e mi ha inseguito. Quando sono sceso dall'auto mi ha abbracciato ed è scoppiato a piangere, invitandomi subito dopo a bere una birra per festeggiare. Una vecchina del vicinato invece stava per svenire. Sono andato in pizzeria e al pizzaiolo per poco non gli veniva un colpo: ma tu non eri morto? mi ha chiesto». Tantissime anche le telefonate arrivate a casa dei genitori: «In questi giorni mia madre non ha fatto altro che rispondere a persone che chiamavano per chiedere se andava tutto bene». Una situazione tragicomica sulla quale ha anche riso su ma che adesso lo ha stufato: «Ho deciso di rivolgermi ai giornali perché non ne posso più, non sono morto, non ho mai pensato al suicidio e sto bene, anzi benone. Spero basti». Di certo dopo una storia del genere da domani ci sarà chi gli consiglierà di provare la fortuna al lotto. Naturalmente puntando tutto sul numero 47. Morto che parla.           
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