"Non una di meno", a Cagliari il corteo contro il femminicidio: «Siamo la voce di chi non c'è più»
Erano poco più di cento, per la maggior parte donne, con qualche uomo più una quota di gender fluid. Ma di chiasso ne hanno fatto tanto, con i loro tamburi e slogan.
Sono gli, soprattutto le aderenti a “Non una di meno”, il movimento che raccoglie diverse associazioni accomunate dalla lotta contro la maschilità assassina, dunque contro il femminicidio che sembra non temere nemmeno gli inasprimenti di pena. I manifestanti, partiti da piazza San Michele, hanno attraversato mezza città per rivedersi ormai all’ora di cena al Bastione di Saint Remy. Lì hanno suonato, cantato e lasciato il microfono a chiunque passasse di là, per parlare della piaga del femminicidio.
I manifestanti capiscono che non devono mollare e di essere la voce delle donne morte per mano di fidanzati, mariti o addirittura di quasi sconosciuti sempre respinti, ma che non riescono a farsene una ragione. E uccidono, come accade continuamente nonostante le trasmissioni in tv, le pagine intere di giornali, le campagne per stroncare questo sistematico omicidio di donne al quale non si riesce a porre un argine.
È una questione culturale, il fatto che una fascia di maschi italiani non riesca a superare, e non sempre le analisi sul perché l’uomo italiano continui a uccidere le donne sembrano centrare l’obiettivo: svelare perché accade. E perché avviene con una frequenza che non diminuisce mai.
Nella tarda serata l’incontro al Bastione si è concluso. Ora per i manifestanti ci sono le prossime partite da giocare, sempre per coinvolgere i cittadini e i partiti sul femminicidio.
Luigi Almiento
