Vittime tre volte: colpiti dalla furia della natura, martiri delle omissioni dello Stato e oppressi dalla giustizia negata. I caduti del 18 novembre 2013 e le loro famiglie non hanno pace. A 12 anni dal disastro di Olbia sono in una sorta di “limbo” legale i parenti delle persone uccise dal Ciclone Cleopatra (e da una serie di presunte omissioni). Per questa ragione, tre volte vittime. Alla calamità naturale e alla presunta mancata osservanza delle misure di sicurezza e di prevenzione (come la manutenzione delle strade) ora si aggiungono la giustizia negata e il silenzio degli enti pubblici che dovrebbero dare seguito alle, poche, sentenze definitive.
«Abbiamo le mani legate»
Uno dei monumenti al disastro, sotto tutti i profili, del Ciclone Cleopatra è il cantiere della Sp 38, la strada Olbia-Tempio (tratto di Monte Pino, mai ripristinato) che il pomeriggio del 18 novembre 2013 crollò come un castello di sabbia uccidendo Bruno Fiore, la moglie Sebastiana Brundu e Maria Loriga. Veronica Gelsomino uscì viva da una paurosa voragine, ma paga ancora le conseguenze . I familiari delle persone decedute attendono da tre anni la fissazione del processo d’appello. La sentenza di primo grado (tre condanne e una assoluzione) è stata impugnata alla fine del 2022. Da allora nessuna udienza e ora il reato di omicidio colposo plurimo è prescritto. Si parla di tre morti e una persona gravemente ferita. Dice l’avvocato Maurizio Mani, legale della famiglia Loriga: «Non abbiamo neanche una sentenza che sancisca la prescrizione, neanche questo pezzo di carta. Quindi i nostri assistiti hanno le mani legate. Non possiamo neanche iniziare un confronto con l’amministrazione provinciale di Sassari sui risarcimenti».
«Per noi solo silenzio»
Un punto fermo c’è per cinque morti nel centro di Olbia (Anna Ragnedda, Patrizia Corona e la figlioletta Morgana, Francesco Mazzoccu e il suo bambino Enrico). La sentenza di prescrizione dei reati (omicidio colposo plurimo, dicembre 2023, Cassazione) ha “salvato” quanto stabilito dai giudici penali sul piano risarcitorio. Solo sulla carta, però. Il Comune di Olbia (coperto da una compagnia assicuratrice) risponde del mancato allarme alla popolazione sul piano civile in solido insieme all’ex sindaco Gianni Giovannelli. L’ente non ha mai risposto alle richieste degli avvocati delle vittime, che hanno chiesto il rispetto di quanto stabilito dalla Cassazione. L’avvocato Elias Vacca è il legale di Carolina Serreri, vedova di Francesco Mazzoccu e mamma del piccolo Enrico. Il penalista spiega: «Non abbiamo avuto alcuna risposta dal Comune di Olbia, nessuna indicazione sulle richieste di risarcimento. Ora siamo costretti ad iniziare una causa civile per vedere riconosciute le nostre ragioni. Per noi c’è stato solo il silenzio». Vacca partirà con l’azione legale, altri suoi colleghi lo hanno già fatto. I familiari di Patrizia Corona e della figlia Morgana (tre anni) avevano preferito iniziare direttamente la causa civile, senza passare dalla costituzione come parti lese nel processo penale. Ultimo atto del fascicolo pendente davanti al Tribunale di Tempio, un rinvio al 2027. L’avvocato Angelo Merlini, legale della famiglia, è laconico: «Non chiedetemi nessun commento, i fatti sono questi».
Le cerimonie
E oggi, in una città che non può dimenticare, saranno ricordati i caduti. Nel centro di Olbia la cerimonia alle 11 davanti al monumento dedicato alle vittime in via Escrivà, nel cantiere di Monte Pino sarà celebrata una messa alle 15. Omaggio agli scomparsi in quel tragico giorno e abbraccio collettivo ai familiari, tre volte vittime.
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