Il focus

La scossa di Pier Silvio riaccende Forza Italia 

Nell’Isola gli azzurri punteranno ancora sull’esperienza di Pittalis 

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È tutto vero. O forse no. Fatto sta che la bandiera di Forza Italia è tornata a sventolare all’improvviso, e con il vigore di un tempo, quando a spingerla davanti a tutti era il vento azzurro , tra le note di Menomale che Silvio c’è e di Azzurra Libertà . Il perché è presto detto: Pier Silvio Berlusconi, figlio ed erede del fondatore di Mediaset, starebbe meditando una discesa in campo. Il condizionale è d’obbligo: ancora una volta – per le vie ufficiali – ha detto che non se ne parla. Per ora è più conveniente definire Giorgia Meloni «la premier migliore d’Europa», ma che «in Italia servano altre facce» non è frase scontata se pronunciata da uno con quel cognome. A due anni dal voto politico, anzi, ci sta.

L’ascesa

Il copione è del tutto diverso rispetto all’avvento del padre, arrivato dopo qualche mese di sì-no-forse , condito da una buona dose di marketing. Solo che Silvio, nel 1994, annunciò la discesa in campo da presidente di un Milan stellare e nel pieno della forza imprenditoriale, favorito dal crollo della Prima Repubblica. Proporre la svolta nel Governo del Paese, per certi versi, gli fu facile: basta politici di professione, sì ai giovani intraprendenti al potere. E – poi – tutti gli altri slogan che la Storia già racconta ai posteri. Insieme ai risultati: come la vittoria sulla “Gioiosa macchina da Guerra” del Pci-Pds di Achille Occhetto, arrivata quasi senza sforzo, all’esordio alle urne. Da qui il cambiamento. Se poi ci fu davvero, è tutto un altro discorso.

Gli uomini

Fermiamoci per un attimo agli azzurri sardi. Erano gli anni d’oro di Salvatore Cicu e Piergiorgio Massidda a Cagliari e nel Cagliaritano, di Antonio Fonnesu ad Alghero, di Giampaolo Nuvoli a Sassari, tutti in grado di sbancare le urne con il sistema Maggioritario sotto la bandiera del Polo delle Libertà, che riuniva FI, An e Lega, Udc, Ccd e Polo Liberal democratico. Al Proporzionale venne eletto Beppe Pisanu, forse l’unico vero big sardo rimasto in campo, mentre a Palazzo Madama ecco arrivare i volti freschi dell’epoca: Nanni Campus, senatore prima e sindaco di Sassari subito dopo, passato ad An, ma anche il preside Adolfo Manis, diventato senatore nel collegio di Carbonia prima di scegliere di accasarsi altrove. Questo stando all’esito del voto politico del 27-28 marzo 1994. Pochi mesi più avanti, il 12 (primo turno) e il 26 giugno (ballottaggi), contestualmente alle Europee e alle Amministrative, il partito e la coalizione di centrodestra perdono le loro prime elezioni regionali. Il magistrato Federico Palomba riesce nel compito di sconfiggere l’avvocato Ovidio Marras, candidato governatore designato da Berlusconi in persona. Ma forse fu proprio quella sconfitta a offrire al partito la possibilità di formare una classe dirigente adeguata, almeno per poter ambire al governo della Sardegna e delle principali città sarde.

Classe dirigente

In quel primo Consiglio regionale – con gli azzurri all’opposizione – si ricordano le figure di Emilio Floris (capogruppo), futuro sindaco di Cagliari, di Claudia Lombardo e di Settimo Nizzi, medico e, da primo cittadino, già allora artefice della trasformazione di Olbia. A Cagliari, con Mariano Delogu a capo di Palazzo Bacaredda, c’erano già Ghigo Solinas, Pierandrea Lippi, Stefania Masala, Antonio Melis, Onorio Petrini, Sandro Muscas, Ugo Storelli e, in seguito, Ettore Businco, Anselmo Piras, Carlo Sanjust e Giuseppe Farris che, ancora oggi, da civico, è un po’ il traino politico della minoranza in Consiglio comunale. In Provincia, il capo dell’opposizione alla Giunta di Nicola Scano era un giovane Giorgio La Spisa. Con lui, nomi poi saliti fino ai primi gradini del partito come Mariano Contu e Alessandra Zedda. Nel Sassarese, erano gli anni del presidente della Provincia Franco Masala, dell’ex cestista della Dinamo e avvocato Sergio Milia, che in Consiglio regionale ha trascorso diverse legislature, come l’ex sindaco di Alghero Marco Tedde e l’olbiese Gianni Giovannelli. Citare Gabriella Pinto e Mariella Pilo, poi, è davvero ritornare indietro alle radici di Forza Italia: parteciparono a mettere su l’impalcatura del partito nell’Isola, sotto la supervisione del braccio destro di Berlusconi, Romano Comincioli, per due volte commissario regionale. Dietro le quinte, comunque, altre figure già lavoravano per l’elezione a cariche di rilievo: Sergio Marracini, Giorgio Corona, Ada Lai, Irene Massa, Simona De Francisci, Mauro Contini (futuro sindaco a Quartu), Andrea Pirastu, Antonello Peru (attuale leader, assieme a Stefano Tunis, di Sardegna 20Venti) ed Edoardo Tocco. Ma anche Piero Testoni, sassarese, nipote di Cossiga, l’ex governatore oggi parlamentare Ugo Cappellacci, Mauro Pili (presidente della Regione e parlamentare) e – soprattutto – l’avvocato nuorese Pietro Pittalis.

Salto temporale

Le vicissitudini elettorali, in seguito, hanno spesso smussato gli assetti, ma mai la linea. Il restyling del Polo delle Libertà in Casa delle Libertà, dopo la fusione con An, ha cambiato ben poco. Forza Italia ha mantenuto gli stessi connotati della prima ora: partito radicato nel sociale, tra la gente, liberaldemocratico per dna , garantista e sempre aperto alle ultime novità della ricerca e della scienza. Dotato fin dagli albori di un movimento giovanile che, dopo un inizio stentato, ha avuto una ripresa sotto il profilo organizzativo con Pierluigi Saiu, l’ex assessore ai Lavori pubblici nel frattempo passato alla Lega. Una sorta di Milan della politica insomma, proprio negli anni in cui i rossoneri vincevano da trionfatori i loro ultimi titoli in Italia, in Europa e nel mondo. È sempre un parallelismo calcistico a segnare la fine di FI come primo azionista del centrodestra. In effetti il partito è passato da Beppe Pisanu a Giuseppe Razzi in pochi mesi, il Milan in qualche anno da Gullit e Van Basten a Suso e Lapadula, da Silvio Berlusconi a David Han Li.

Il futuro

Ora che Silvio non c’è più, forse è arrivato il momento, per la famiglia-azienda, di far brillare gli eredi anche in politica, per portare una ventata d’aria fresca nel centrodestra. Ma se davvero Piersilvio Berlusconi scendesse in campo, è difficile che inizi l’avventura con uno spoils system netto, come è accaduto nell’organigramma Mediaset alla morte del padre.

Tajani e Pittalis

Non è da escludere, con Pier Silvio alla guida di Forza Italia, la nomina a un ruolo da padre nobile per Antonio Tajani e per qualche personaggio di vertice ex An che oggi, con lui, detta la linea. Il segretario nazionale è parso spaesato alla notizia di una possibile iniziativa politica della famiglia Berlusconi. Puntare sui giovani e creare una nuova classe dirigente resterebbe l’obiettivo anche con l’erede del fondatore, ma partendo – soprattutto nei territori – dalle solide basi di leadership forti ed esperte. Anche in Sardegna. Pietro Pittalis incarna queste caratteristiche: si sta distinguendo nel lavoro in commissione Giustizia alla Camera e nella guida del partito nell’Isola. Insomma, sarebbe il bonus pater familias che, magari con qualche ritocco interno, e con l’aiuto di qualche rientro eccellente, potrebbe riuscire a rimettere in pista la macchina azzurra e portarla più in alto del 10% di questi anni non sempre floridi dal punto di vista della partecipazione, non solo elettorale.

La trasformazione

Di sicuro, più che da abito doppio petto blu notte e Church’s, il partito di Piersilvio, fedele a una linea smart , sarà da jeans, maglioncino in lana e sneakers. Si dice che curerà di più il decoro interno e la preparazione dei candidati e che la loro scelta sarà fatta in base ai titoli ma anche alla preparazione pratica sul campo. Mantra, guarda caso, per il segretario regionale già in carica. Sono solo indiscrezioni, perché ancora sui nomi non ci sono segnali: forse è davvero troppo presto. E poi, a parte qualche situazione locale su cui mettere mano, Forza Italia oggi non sembra possa ambire ad epurare: semmai l’operazione dovrebbe essere quella di richiamare alla base chi, negli anni, è andato via, integrando con presenze fresche i ritorni più utili alla causa. Nei partiti ingessati d’un tempo non c’era spazio per pensare al rinnovamento: «Non è un caso che abbiano terminato la loro corsa credendo di essere immortali, se è vero la Dc ha iniziato con Andreotti e finito con Andreotti», argomentava l’altra notte un reduce di alto lignaggio del Novantaquattro. «Da Silvio a Piersilvio, però, il salto non sarà solo dall’abito ai jeans, ma dal vecchio mondo al dialogo aperto ai giovani e alle nuove forze della società: un compito che Pietro Pittalis nell’Isola interpreterà nel modo più serio, anche nell’ottica di una possibile candidatura a governatore». Non c’è che da aspettare: ma la nuova scossa berlusconiana pare davvero dietro l’angolo.

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