Giustizia

Il modello Mamone:  reinserimento e sviluppo 

L’area tra Onanì e Bitti sarà interessata anche  dal progetto dell’Einstein Telescope 

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Da una parte il sogno condiviso, chiamato Einstein Telescope. Dall’altra una colonia penale, Mamone, animata da un vocabolo – “riscatto” – e strettamente connessa all’osservatorio di onde gravitazionali. «C’è un accostamento importante, sia perché un pezzo della “elle” dell’interferometro dovrebbe passare sotto questo territorio, sia perché in questa colonia – ha spiegato ieri la governatrice Alessandra Todde – c’è un percorso di lavoro, di professionalizzazione, che potrebbe restituire dei detenuti alla comunità».

Nuovo corso

La colonia penale di Mamone detta la linea. Il nuovo corso delle case di reclusione all’aperto presenti in Sardegna si leva dalle campagne di Onanì, da un pomeriggio di dicembre ricco di spunti e idee imbastito dalla presidente della Regione, dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Domenico Arena, e dal direttore della struttura carceraria, Vincenzo Lamonaca. «Con la Regione abbiamo avviato un dialogo molto fitto sui modelli dell’esecuzione penale», ha dichiarato Arena: «Mamone e le altre colonie penali dell’Isola, come Isili e Is Arenas, rappresentano una peculiarità a livello nazionale. Sono luoghi dove si riesce a fare ciò che la Costituzione dice, cioè un percorso penale che sia orientato a un effettivo reinserimento delle persone nella società». Arena ha aggiunto: «La novità che ci piace condividere è che, rispetto all’esclusione di questi posti dai territori che li circondano, oggi vogliamo fare esattamente l’operazione inversa».

L’esempio

I detenuti sono 175. Quando si parla della casa di reclusione di Mamone, però, colpiscono soprattutto gli ettari di terreni fertili e meraviglia sono 2700. «Qui siamo immersi nel verde», ripete di continuo Vincenzo Lamonaca, pugliese di Barletta, direttore di una struttura che di recente si è aperta ai visitatori, con le giornate del Fai. «Abbiamo castagneti, boschi di sugherete, orti. Tutto patrimonio che ha una tripla valenza: consente di conservare la natura; di formare e far lavorare i detenuti; consente anche di dare allo Stato i “proventi”, il ricavato di questa colonia». Insomma, sebbene le carenze non manchino – innanzitutto sul fronte personale e infrastrutture – a Mamone attività e reinserimento dei detenuti sono la priorità, in quelle terre incastonate tra Onanì e Bitti. La conferma arriva dalla diramazione di Nortiddi: da quella struttura affacciata sui pascoli. «Le attività lavorative sono parecchie», precisa Lamonaca. «Si va dalla gestione di bovini, un centinaio di capi, alla cura di 1700 pecore e all’edificazione di muretti a secco».

L’idea

La strada è tracciata. Il “modello Mamone” è pronto per essere sdoganato. Per Domenico Arena «bisogna coinvolgere il ministero della Giustizia, la Regione, le comunità e le università per dare vita a un progetto di sviluppo dei territori che abbia la finalità di potenziare questa dimensione dell’esecuzione penale costituzionalmente orientata e sinceramente virtuosa e quello di essere uno dei motori di sviluppo del territorio. Su questo abbiamo intenzione di costruire nei prossimi mesi un “master plan” che faccia delle colonie un punto di rilancio». Concetti chiari, avallati dalla governatrice Todde: «Con un po’ di strategia e di visione si può pensare di trasformare posti come questo in contesti che possono, al termine della detenzione, restituire la dignità alle persone». Intanto, Vincenzo Lamonaca mette le mani avanti: «Le progettualità di cui stiamo parlando non si svolgeranno in un giorno, un mese o un anno». Todde conclude: «Non servono interventi spot. Serve una visione di almeno dieci anni: Mamone, Is Arenas e Isili devono diventare modelli».

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