ROMA. Si allarga, con l'area che fa capo al presidente Stefano Bonaccini, la maggioranza del Pd che sostiene Elly Schlein. La relazione della leader dem viene approvata in assemblea con 225 voti a favore e 36 astenuti. Sono gli ultra-riformisti, la nuova minoranza interna che - nell'evento del 24 ottobre a Milano - ha divorziato dall'ex presidente dell'Emilia Romagna e dalla sua corrente "Energia Popolare". Schlein, da parte sua, rivendica un «partito più unito e compatto» che è cresciuto in consensi negli ultimi anni. «È finito il tempo delle divisioni e dei litigi. Continuerò ad essere la segretaria di tutti». Poi una risposta ai detrattori: «Non c'è mai stata la volontà di reprimere il confronto interno, veniamo da tre anni particolari in cui abbiamo avuto scadenze elettorali ravvicinate, ci siamo trovati schiacciati. Discutere è la nostra forza», tende la mano. Bonaccini, che alle scorse primarie fu il principale sfidante di Schlein convogliando i voti di tutti i riformisti, in assemblea annuncia: «Sui temi vorrei essere io maggioranza. L'anomalia è il correntismo esasperato. Visto che l'obiettivo da oggi è vincere le prossime elezioni - afferma - diamo una mano». Con lui restano Piero De Luca, Antonio De Caro, Eugenio Giani, Alessandro Alfieri, Simona Bonafé, Michele De Pascale, Stefano Lo Russo e altri. L'opposizione interna, invece, è composta da un'ala più dura dei riformisti che fanno riferimento a Lorenzo Guerini, Paolo Gentiloni e Graziano Delrio, insieme - tra gli altri - a Pina Picierno, Giorgio Gori, Piero Fassino. Elly Schlein quindi lancia il guanto di sfida a Giorgia Meloni e scuote il Campo largo: «Davanti a questa destra ossessionata solo dal potere, che ha aumentato l'austerità e le disuguaglianze, l'unità è un dovere. Ce la chiede la gente». Sfumato il faccia a faccia con la premier ad Atreju, la leader ribalta la narrazione di Meloni: «È lei che ha cambiato idea ed è fuggita dal confronto. Speriamo che venga in Parlamento a confrontarsi sul Paese reale e non sul cabaret». Schlein parla all'assemblea nazionale del Pd, «che non è una kermesse con spettatori - punge -. È il massimo organo dirigente di questo partito in cui si discute davvero». Nel mirino la premier, «campionessa di incoerenza e propaganda, che ha alzato le tasse e che ha tolto al pubblico per aprire autostrade al privato».
RIPRODUZIONE RISERVATA
Questo contenuto è riservato agli utenti abbonati
Per continuare a leggere abbonati o effettua l'accesso se sei già abbonato.
• Accedi agli articoli premium
• Sfoglia il quotidiano da tutti i dispositivi
