Di nuovo al Teatro Massimo di Cagliari, settantacinque anni dopo il primo Congresso del popolo sardo, per capire se ha ancora un senso parlare di Rinascita. Al convegno organizzato dalle associazioni La Rosa Rossa (ha aperto i lavori il presidente Tore Mattana), Rosalia Uras Medica, Diritti e valori e l’associazione Nino Carrus, c’erano i mondi della politica, degli amministratori locali, del sindacato e della cultura. E c’era la presidente della Regione Alessandra Todde, che ieri ha chiuso le celebrazioni di questo anniversario ammettendo di non amare parlare di Rinascita.
La presidente
«Non mi piace perché sarebbe come dire che la Sardegna è stata ferma, invece non è stato così. Preferisco parlare di evoluzione ed emancipazione, questo ci permette di capire quali modelli hanno funzionato, quali no e perché». Settantacinque anni dopo il Congresso, si riflette anche sull’Autonomia speciale. «Quella non esercitata, avvilita da uno Stato centralista, è un’Autonomia vuota», ha detto la presidente. È vero, se ne parla tanto, «pensiamo a tutto il dibattito sull’Autonomia differenziata, e poi viene negata davanti alle istanze più banali, mi riferisco anche al 41 bis». In ogni caso, la strada da seguire «non è la mera rivendicazione, o urlare, credo che la Sardegna debba entrare in una logica di credibilità».
Disparità
Bisognerebbe urlare, invece, secondo il senatore Luigi Zanda, «protestare con molta forza per la disparità con cui è trattata la continuità territoriale sarda rispetto a quella della Sicilia e della Calabria. Lo Stato intende investire 13 miliardi per collegare Sicilia e Calabria, per la mia lunga esperienza questa cifra è destinata a raddoppiarsi». Il vipresidente di Bper, Antonello Cabras, ha ragionato sulle risorse necessarie per superare i problemi: «Risorse ce ne sono a sufficienza, bisogna usarle in modo adeguato. Ma pensiamo a come abbiamo sparpagliato i fondi del Pnrr: chi governa è prigioniero del consenso, e non ha la forza per fare scelte che servono a invertire la tendenza alla stagnazione». Bisogna essere realisti: «Lo Stato non è un nostro alleato, pensa ad altro perché ha altri problemi. Affrontiamo il futuro con i piedi per terra cercando di fare la gerarchia delle priorità». Francesca Ghirra, deputata dei Progressisti, ritiene che gli stati generali possano aiutare: «Il primo congresso era stato lanciato dalle Camere del lavoro, e se i lavoratori partecipassero a un processo di rinascita dell’Isola sarebbe straordinario. Io cercherei di coinvolgere i giovani, specie quelli che ogni giorno partono per trovare lidi migliori. Ricostruendo una proposta di rinascita dal basso, anche la politica riacquisterebbe la forza che ha perso».
La proposta
La presidente dell’Anci Daniela Falconi rileva che il problema dei problemi «è lo spopolamento, o meglio la desertificazione nei centri storici dei nostri paesi ma anche delle città dove prende piede l’affitto breve. Da qui una proposta alle istituzioni, quella di «rifare un congresso del popolo sardo, che sia capace di mettere assieme chi governa e chi contesta, chi amministra e chi propone sapere e lavoro, che trasformi le idee in politiche e le parole in azioni, e che guardi al 2050».
Cabras, Ghirra e Falconi hanno animato la seconda tavola rotonda del del convegno. Alla prima hanno partecipato Paola Carrus, in rappresentanza dell’associazione che porta il nome di suo padre Nino, l’ex assessore alla Programmazione Franco Mannoni («La questione sarda, nata nell’800, oggi è di nuovo in piedi»), il docente di Storia Contemporanea Gianluca Scroccu («Le questioni in campo 75 anni fa hanno molti elementi in comune con quelle attuali»), la sociologa Sabrina Perra, che ha ricordato l’esperienza del Convegno delle donne sarde, che nel 1952 completò l’iniziativa del Congresso popolare «esprimendo un chiaro punto di vista politico sulla condizione femminile». Infine il sindaco di Quartu Graziano Milia, che ha preso le distanze dalle letture revisioniste dell’industrializzazione: «Non so se fu un errore, ma modernizzò l’Isola, che in quel periodo raggiunse la piena occupazione».
In apertura di dibattito, i saluti del sindaco di Cagliari Massimo Zedda e del presidente del Consiglio regionale Piero Comandini. Il primo ha rievocato il problema dello spopolamento, rispetto al quale «sono cruciali le politiche dell’immigrazione». Tema ripreso da Comandini, che ha auspicato una Sardegna capace di «favorire le migrazioni nel Mediterraneo e rinsaldare l’alleanza tra le isole dell’area mediterranea».
RIPRODUZIONE RISERVATA
Questo contenuto è riservato agli utenti abbonati
Per continuare a leggere abbonati o effettua l'accesso se sei già abbonato.
• Accedi agli articoli premium
• Sfoglia il quotidiano da tutti i dispositivi
