L’emergenza Coronavirus rischia di avere un impatto sull’economia dell'Isola ancora più devastante rispetto a quella del resto d’Italia.

Queste le previsioni del Centro Studi della CNA Sardegna, secondo cui - nonostante la regione sia stata colpita dall’epidemia in misura meno grave soprattutto rispetto alle regioni del nord - le conseguenze del lockdown e della riduzione della domanda aggregata nella fase di ripartenza lasceranno il segno: "l’economia sarda nel 2020 rischierebbe di vedere andare in fumo almeno 3 miliardi di euro (4,4 miliardi nel caso del protrarsi delle restrizioni fino a giugno)".

Secondo l'analisi, l’Isola infatti, per via di una serie di vulnerabilità strutturali della sua economia (tra cui, il più alto peso del settore turistico, l’elevata quota di lavoratori precari, una maggiore esposizione al rischio liquidità per le imprese, un settore delle costruzioni più vulnerabile, l’altissima quota di export nel settore petrolifero), nel 2020 potrebbe sperimentare una recessione superiore sia a quella nazionale, sia a quella delle regioni del Sud.

Coerentemente con gli scenari sviluppati dall’ultima nota congiunturale dell’Istat, "Cna ha stimato l’impatto economico innescato dall’emergenza sanitaria considerando due scenari: il primo tiene conto di un blocco dell’attività economica ristretto ai mesi di marzo e aprile e di una graduale riapertura nei successivi trimestri dell’anno; il secondo ipotizza l’estensione del periodo di chiusura delle attività non essenziali anche ai mesi di maggio e giugno", si legge nel report dell'associazione artigiana.

Analizzando l’impatto sulle diverse componenti del Pil - ovvero spesa finale di famiglie, residenti e non residenti (e quindi turisti), spesa della PA (tra cui sanità, scuole e protezione sociale), investimenti (macchinari e costruzioni), import ed export - il risultato è che nel primo caso (due mesi di stop economico e distanziamento sociale) il Pil regionale potrebbe crollare del -9,6% rispetto allo scenario base (ovvero, il 2020 senza emergenza sanitaria) e di quasi il -15% nello scenario peggiore (quattro mesi di lock-down). Si tratta di un risultato peggiore sia rispetto al -9,1% previsto per il Pil nazionale (-14,2% nello scenario più grave), sia rispetto al -6,8% del Mezzogiorno (-11,5% nel secondo scenario).

"La maggior parte dei lavoratori attualmente bloccati in Sardegna è composta da dipendenti con contratti a termine o partite iva senza dipendenti (la componente più fragile e più esposta al rischio di perdita del lavoro o disagio economico - spiega il report dell'organizzazione artigiana -. Nell'isola si registra la quota più elevata tra le regioni italiane di crediti deteriorati gestiti dalle banche regionali (il 29,4%, contro una media nazionale del 18% e del 24% al Sud): si rischia una più preoccupante restrizione del mercato del credito".

"La Giunta regionale riprogrammi con urgenza le coordinate entro cui collocare lo sforzo per l'uscita dall'emergenza sanitaria e l'avvio della fase due della ripartenza dell'economia - commentano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu presidente e segretario regionale Cna -. Per far questo occorre mettere in campo tutte le energie e gli sforzi necessari per avviare la ricostruzione economica, attraverso una cabina di regia partecipata dalle istituzioni regionali, locali e dalle forze sociali".

(Unioneonline)

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