La politica sarda batte un colpo contro i burocrati. Forse è presto per dire che la rivincita sia cominciata, ma le picconate di alcuni esponenti del Partito democratico hanno fatto rumore, nonostante il muro sia di gomma. Così Pietro Cocco, capogruppo del partito più rappresentativo in Consiglio regionale: «La burocrazia sta mostrando tutti i suoi limiti, bisogna assolutamente intervenire». Franco Sabatini, presidente della commissione Bilancio, ha toccato un nervo sensibile: «Faremo un controllo dei singoli capitoli di spesa, anche perché non si riesce a capire come l’indennità di risultato venga spalmata in modo uguale tra tutti i funzionari». Sabatini l’ha detto al TG di Videolina, aggiungendo che sarà avviata una verifica per capire chi merita il premio e chi no. Evviva. Un discorso talmente giusto da apparire banale.

Ma perché si è aspettato tanto? La risposta è nelle recenti (dis)avventure della macchina regionale. L’elenco è lungo, a partire dai finanziamenti per i Comuni. Le norme ci sono, i soldi anche, ma non si muovono dalla tesoreria regionale. E i bandi per le imprese? Vanno, vengono, ritornano, si fermano, manco fossero le nuvole del grande De Andrè. Per non parlare di questa o quell’autorizzazione per le attività di impresa: conquistata una firma, scopri che ne serve un’altra. E così riparte il balletto da una scrivania all’altra. All’infinito. Non sarà un caso se la Sardegna è tra le 30 regioni peggiori d’Europa (sono 206 in tutto) per la qualità della pubblica amministrazione, come ha ricordato la Cgia di Mestre elaborando dati di Bruxelles. La politica s’è desta anche per le figuracce dell’allerta meteo affidata alla Protezione civile regionale, per lo stipendio dei manager della sanità, per le migliaia di agricoltori che hanno urlato «vergogna» sotto il Palazzo di via Roma. «I consiglieri», è ancora Pietro Cocco a parlare, «devono svolgere il loro ruolo. I burocrati fanno un altro mestiere. Lo facciano, sino in fondo». La politica ha il suo piano d’azione. Riunioni congiunte delle commissioni regionali con, dall’altra parte del tavolo, l’assessore di turno e, sempre e comunque, il direttore generale della Regione. Un’attività ispettiva che, premi di produzione a parte, dovrà verificare se, in qualche caso, già lo stipendio non sia più che sufficiente.
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