A Porta Pia, alle soglie della Nomentana, sede nobile del Ministero dei Trasporti dello Stato italiano, le truppe del Vaticano cedettero l’ingresso di Roma all’avanzata militare del Regno d’Italia solo dopo una tempestosa resistenza. Era il 20 settembre del 1870 quando la resa fu totale. Centocinquantuno anni dopo, nel pieno del secondo anno della pandemia più violenta dell’ultimo millennio, lo Stato di Roma ha piegato, senza resistenza alcuna, quel poco che restava della modesta e sgangherata continuità territoriale per quell’Isola che un tempo fu Regno di Sardegna.

Silenziosa resa

Nessuna battaglia, piuttosto silenzio ossequioso verso gli inquilini del Ministero della Porta più celebre della Capitale. L’operazione è stata precisa come un cannoneggiamento militare, tutta protesa a radere al suolo quel minino garantito del trasporto via mare che dagli anni Trenta aveva cercato di adempiere ad un obbligo di servizio pubblico per il collegamento dell’Isola di Sardegna con il resto del Continente. Il piano di annientamento della connessione via mare della terra dei Nuraghi con lo Stivale è stato concentrico e mirato. Concepito e avvallato da più governi che, prima sotterraneamente, e poi in maniera più aperta, hanno cercato in tutti i modi di svuotare di significato, e soprattutto di risorse, i capitoli finanziari destinati a colmare un divario evidente nel trasporto passeggeri e merci da e per la Sardegna. Ora che il misfatto di Stato si sta consumando senza colpo ferire emergono dati e numeri da far impallidire la peggior gestione della continuità territoriale.

Fuori dai radar

Il Ministero dei Trasporti, con l’obiettivo di far scomparire dai radar la continuità territoriale per la Sardegna, ha delegato la gestione del trasporto via mare a Invitalia, il braccio armato degli affari di Stato. Una sorta di frullatore di Roma dove finisce ogni rogna, dalla pandemia alla continuità territoriale della Sardegna. La missione “cancellazione” dell’obbligo del servizio pubblico, però, è stata studiata a tavolino proprio a Porta Pia, negli stessi uffici dove, per quasi nove anni, è stato autorizzato, coperto e avvallato il disastro della Tirrenia privatizzata. Mai un rilievo serio e deciso davanti al plateale dilapidarsi di ingenti risorse di Stato trasferite senza il benché minimo sussulto dalle casse pubbliche a quelle privatissime del patron di Mascalzone Latino. Per capire il piano che si sta mettendo a segno, senza alcuna resistenza, prima di tutto della Regione sarda, bisogna rievocare l’ultimo anno di continuità territoriale cessata ufficialmente a Luglio del 2020. Da allora ad oggi, tra ritardi, accrocchi di palazzo e scandalosi decreti pandemici a favore di Onorato, la continuità territoriale è stata letteralmente rasa al suolo. Non è rimasto granché.

Giravolta

L’unica rotta assegnata è quella tra Cagliari – Napoli e Palermo. Un appalto per cinque anni affidato alla compagnia Grimaldi. Onere della gara 9,6 milioni di euro all’anno. Resta ancora nel limbo la Genova – Porto Torres dove il Ministero ha previsto uno stanziamento annuo di 7,6 milioni di euro. Una gara sulla quale pendono ricorsi plurimi, non ultimo quello dello stesso Onorato che con una mirabile giravolta è riuscito a far scrivere ai suoi legali che quel contributo pubblico non serve per svolgere quella tratta.

Cagliari – Civitavecchia

Denari sprecati, sostiene nel ricorso al Tar Lazio il patron di Mascalzone Latino, Vincenzo Onorato. Peccato, però, che sino all’anno prima aveva incassato, sulle rotte sarde, una valanga di contributi pubblici. E, infine, la rotta più importante per il sud Sardegna, quella tra Civitavecchia e Cagliari, passando per Arbatax. Tra tutte le rotte quella cagliaritana è certamente quella che maggiormente rientra nei canoni dell’imposizione dell’onere di servizio pubblico, considerati i tempi di percorrenza e la stagionalità. Il quadro finanziario proposto è di 13 milioni di euro all’anno. Il risultato della procedura aperta per la concessione di quella rotta è senza precedenti: gara deserta, nessun partecipante. Le compagnie, nessuna esclusa, hanno deciso di far morire quella tratta, un po’ per una compensazione ritenuta insufficiente a colmare le diseconomie e un po’ perché non ritenuta funzionale alle logiche private.

Rotta fondamentale

In realtà si tratta di una rotta fondamentale per alleggerire il traffico merci su strada che altrimenti finirebbe per scaraventarsi sempre di più sulla Carlo Felice, dal sud dell’Isola verso Porto Torres o Olbia e viceversa. Il quadro che emerge, però, è quello di un grande scippo di Stato sulla continuità territoriale, l’ossigeno economico per un’Isola come la Sardegna. Onorato sino a luglio scorso, con un affidamento unitario delle rotte da e per i porti sardi, si metteva in tasca la bellezza di 73 milioni di euro all’anno. Una valanga di soldi per un servizio scadente, coperto con navi vetuste e molto spesso fuori uso, con costi alle stelle per i passeggeri e le merci. Per il primo anno post Onorato lo Stato ha, invece, stanziato complessivamente per la continuità territoriale della Sardegna appena 30,8 milioni. Il calcolo è presto fatto: mancano all’appello 43 milioni di euro all’anno, quasi il 60% della precedente gara. Un Ministero dei trasporti che sino a luglio del 2020 ha legittimato, sottoscritto e controfirmato pagamenti per quel servizio per 73 milioni di euro e che oggi decide di stanziare 30 milioni ritenendoli sufficienti per il servizio di continuità territoriale. E’ più che evidente: lo scippo di Stato è duplice. Con la Tirrenia privata, nelle mani di Onorato, la Sardegna aveva servizi scadenti e stanziamenti alle stelle, con il post Onorato, invece, si chiedono navi moderne ed efficienti ma si stanzia molto meno della metà dell’anno passato.

Spacchettamento

Le gare d’appalto messe in rete da Invitalia per conto del Ministero di Porta Pia sono la dimostrazione di un piano preciso che, attraverso lo spacchettamento delle rotte, ha finito di annientare un servizio strategico per il riequilibrio del divario insulare dell’Isola. Le gare pubblicate sul sistema informatico di Invitalia prevedono addirittura un affidamento del servizio per 5 anni, portando così lo scippo di Stato verso la Sardegna a 211 milioni di euro. Tutto questo su uno dei temi strategici dell’insularità e dell’effettivo riequilibrio economico dell’Isola.

Voucher insularità

In realtà il Ministero dei Trasporti ha scelto sin dall’inizio la strada di sottrarre ingenti risorse alla continuità territoriale da e per la Sardegna. Non ha minimamente affrontato un tema che avrebbe consentito di garantire la concorrenza e, nel contempo, dare risposte dirette sia ai passeggeri che alle merci in transito verso l’Isola. L’ipotesi avanzata da più parti, simile al modello spagnolo, con un “voucher insularità” da assegnare a tutti coloro in viaggio da e per l’Isola, è stata volutamente ignorata dal dicastero di Porta Pia. Una soluzione che avrebbe consentito ai passeggeri e alle merci di utilizzare il contributo insularità dello Stato per viaggiare con la compagnia più conveniente. I bandi e gli stanziamenti hanno dimostrato che i soldi per Onorato c’erano, per i sardi e la Sardegna no. Si è preferito lo scippo, con la clausola delle merci pericolose. 

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