Transizione energetica: «Opponiamoci alla nuova colonizzazione»
Claudio Cugusi, portavoce “Sardi in Europa”: non una parola è stata spesa sull’energia idroelettrica, che sarebbe ideale per il nostro autoconsumoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Sul tema della doverosa transizione energetica della Sardegna è bene fare chiarezza, nella consapevolezza che le decisioni assunte oggi spiegheranno i loro effetti per decenni sull’ambiente e sul paesaggio sardo ma anche sull’economia della nostra terra. L’inerzia delle istituzioni sarde e italiane insieme ai vuoti legislativi hanno inevitabilmente generato in questi anni un corridoio facilitato per speculazioni finanziarie prive di una minima caratura etica. Crediamo ragionevolmente che nessuna parte politica sia contraria a fermare questo scempio annunciato ma il problema è il come: basterà la legge che il Consiglio regionale della Sardegna si accinge ad approvare? O produrrà invece una sospensione i cui effetti negativi vedremo più avanti, quando gli stessi biechi speculatori affideranno a studi legali di valore i ricorsi tesi all’annullamento dei provvedimenti e a richieste milionarie di risarcimento dei danni?
Riteniamo che interrogarsi pubblicamente su queste domande, ascoltando la voce spontanea e giustamente preoccupata che si leva da decine di Comuni della Sardegna, sia un dovere primario della politica e dell’informazione. E in nome di questi valori democratici è necessario allargare il campo della riflessione per definire il perimetro e le modalità della transizione energetica della Sardegna. A cosa (e soprattutto a chi) servono 6 giga di energia rinnovabili nel 2030, cioè tra cinque anni e poco più? Non riusciremo mai a consumare tanta produzione energetica e nemmeno a trasportarla fuori dall’Isola, per mancanza di infrastrutture idonee. Siamo davanti alla nuova colonizzazione di un popolo poco numeroso e docile che abita un enorme territorio.
E così, nel frattempo, capita che non una parola sia spesa sull’energia idroelettrica, che sarebbe ideale per il nostro autoconsumo. Costa tanto ammettere che il sistema delle dighe della Sardegna non invasa decine di milioni di metri cubi ogni anno per la mancanza dei collaudi e butta a mare altrettanta acqua per via di un sistema medievale di gestione idrica? Un assurdo che costringe porzioni vaste della nostra isola, vedi l’Ogliastra e Budoni, alla siccità e persino ai dissalatori. Chiediamo di conoscere, se esistono, i progetti per interconnettere gli invasi: anche quelli potrebbero produrre energia elettrica rispettosa dell’ambiente.
Non una parola nel dibattito politico nemmeno sul gas metano: attualmente le imprese energivore del Cacip, le attività commerciali e i cittadini del sud Sardegna (l’area più popolosa dell’isola) utilizzano aria propanata, gasolio e gpl. Cioè combustibili sicuramente più costosi, più inquinanti e più pericolosi del gas metano. La realizzazione delle infrastrutture già autorizzate quali l’impianto gnl del Porto canale e i tratti di gasdotto più urgenti come quello che collega il porto canale di Cagliari con il Sulcis non possono essere ancora una volta procrastinati, perché questo rappresenterebbe un incomprensibile danno inferto alla fragile economia sarda. Siamo convinti, come forza politica che ha sostenuto e sostiene la presidente Todde, che questa parte del programma elettorale farà parte del nuovo piano energetico della Regione. Il nostro impegno è per portare questo tema al primo tavolo del Campo largo.
Claudio Cugusi
Portavoce “Sardi in Europa”