Millesettecento posti di lavoro in bilico in Sardegna tra occupati diretti (700) e indotto (1000). Sullo sfondo - denunciano i sindacati - l'ipotesi di vendita e smembramento contenuta nel piano industriale Tim che potrebbe essere approvato il 2 marzo.

In concomitanza con lo sciopero nazionale indetto da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom, un centinaio di lavoratori sono scesi in piazza davanti al Consiglio regionale sardo a Cagliari. Bandiere, striscioni e interventi al megafono per chiedere chiarezza sul futuro dell'attività e dei posti di lavoro.

In una lettera inviata ai gruppi e al presidente del Consiglio regionale i sindacati hanno spiegato le ragioni della vertenza chiedendo che la Regione stia al fianco dei dipendenti nella difesa dei posti di lavoro. Soprattutto alla luce del piano di digitalizzazione e della realizzazione della rete in fibra ottica finanziata con i fondi del Pnrr.

I sindacati chiedono la costituzione di un unico soggetto di rete sotto la governance Tim e scongiurano, quindi, lo smembramento del Gruppo: "Oggi invece - spiegano nella lettera ai consiglieri regionali - ci troviamo di fronte a due aziende, Tim e Open Fiber, partecipate da Cassa depositi e prestiti, che si fanno concorrenza nel mercato delle telecomunicazioni e a un piano di digitalizzazione gestito da Infratel in 15 lotti di cui il singolo soggetto se ne potrà aggiudicare massimo 8".

Il rischio, sottolineano le tre sigle, è la “costruzione di reti arlecchino che probabilmente avranno difficoltà a dialogare fra di loro con ripercussioni importanti nelle aree più deboli come la Sardegna. Una regione già in forte ritardo, come dimostra il fatto che il lotto Infratel prevede ben il 67% dei civici da cablare con la nuova tecnologia (Ftth) contro una media nazionale del 29%”.

(Unioneonline/v.l.)

© Riproduzione riservata