Nel 2017 l'economia non osservata vale in totale circa 211 miliardi di euro, il 12,1% del pil: il sommerso (generato in primo luogo da "valore aggiunto occultato tramite comunicazioni volutamente errate del fatturato e/o dei costi, o generato mediante l’utilizzo di input di lavoro irregolare") ammonta a poco meno di 192 miliardi di euro e le attività illegali a circa 19 miliardi.

Lo rende noto l'Istat in un report pubblicato oggi, aggiungendo che le stime confermano la tendenza alla riduzione dell'incidenza sul pil della componente non osservata dell'economia dopo il picco del 2014 (13,0%).

Aumentano le unità di lavoro irregolari: sono 3 milioni 700mila nel 2017, in crescita di 25mila unità rispetto al 2016 (+0,7%) anno in cui il fenomeno si era invece attenuato (-0,7% rispetto al 2015).

Nell'insieme del periodo 2014-2017 il lavoro non regolare, dice l'Istat, "presenta una dinamica differenziata e opposta a quella che caratterizza il lavoro regolare: gli irregolari aumentano di circa 59mila unità (+1,6%) mentre i regolari crescono di 603mila unità (+3,1%), determinando un leggero calo del tasso di irregolarità (dal 15,6% osservato del 2014 al 15,5% del 2017)".

"L'incidenza del lavoro irregolare - prosegue l'istituto - è più elevata nel settore dei servizi (16,8%) e raggiunge livelli particolarmente elevati nel comparto degli altri servizi alle persone (47,7%) dove la domanda di prestazione lavorative non regolari da parte delle famiglie è rilevante".

"Molto significativa - conclude - risulta la presenza di lavoratori irregolari anche in agricoltura (18,4%), nelle costruzioni (17,0%) e nel commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (15,8%). In termini assoluti, nel comparto del commercio e quello degli altri servizi alle persone sono impiegate il 61% del totale delle Ula (Unità Lavorative Annue, ndr) non regolari".

(Unioneonline/D)
© Riproduzione riservata