Nel silenzio delle officine e nei capannoni fermi, si misura la febbre dell’economia sarda. Tra gennaio e settembre 2025 la Sardegna ha registrato un incremento dell’85,27% nelle ore di cassa integrazione e fondi di solidarietà (Cig + Fis) rispetto allo stesso periodo del 2024.

Tradotto: una media di 4,42 milioni di ore autorizzate, un dato che colloca l’Isola tra le regioni più in difficoltà, dietro solo a Basilicata (+291,47%), Molise (+129,20%) e Valle d’Aosta (+114,55%).

È un segnale preoccupante, che racconta di un sistema produttivo che arranca, in particolare nelle aree industriali e nei distretti manifatturieri. A confermarlo è il rapporto dell’associazione Lavoro&Welfare, presieduta da Cesare Damiano e curata da Giancarlo Battistelli, basato sulle elaborazioni dei dati Inps relativi alle ore di cassa integrazione autorizzate nei primi nove mesi dell’anno.

In Italia, complessivamente, le ore di cassa integrazione tra gennaio e settembre sono state 429,3 milioni, con un aumento del 18,56% rispetto al 2024.

Oltre il 90% delle richieste proviene dall’industria, e in particolare dai comparti meccanico e metallurgico, che da soli assorbono circa la metà delle ore totali.

Il settore meccanico ha superato i 199 milioni di ore (+30,21%), seguito dal metallurgico con 37,3 milioni (+25,12%).

A livello nazionale, la Cig ordinaria – che copre le sospensioni temporanee – è diminuita del 4,5%, attestandosi a 217,3 milioni di ore, mentre la Cig straordinaria – legata a crisi aziendali e ristrutturazioni – è cresciuta in modo vertiginoso: +61,6%, pari a 201 milioni di ore.

Secondo le stime del rapporto, questo si traduce in 275mila lavoratori fermi a zero ore, con un taglio complessivo dei salari di oltre 1,3 miliardi di euro netti. In media, ogni lavoratore ha perso 4.400 euro di reddito nel periodo gennaio-settembre.

Nel confronto con il resto del Paese, la Sardegna è dunque tra le regioni che hanno visto crescere più rapidamente il ricorso agli ammortizzatori sociali. L’aumento dell’85,27% è quasi di cinque volte superiore alla media nazionale (+18,6%) e indica una fragilità diffusa.

Dietro all’Isola si piazzano Lazio (+72,78%) e Abruzzo (+79,42%), mentre le grandi regioni manifatturiere del Nord (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana) si mantengono tra lo 0 e il +50%. All’opposto, segnali positivi arrivano dal Sud: Puglia (-6,86%), Campania (-5,62%), Calabria (-37,61%) e Sicilia (-17,20%) mostrano una riduzione delle ore di Cig rispetto al 2024.

In Sardegna, dietro l’impennata delle ore autorizzate, ci sono crisi aziendali non risolte e un tessuto industriale che fatica a riconvertirsi. Meccanica, metallurgia e chimica restano i settori più esposti, con un utilizzo crescente di contratti di solidarietà e Cig straordinaria.

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