Tasse, salario minimo, Reddito di cittadinanza. 

Al congresso della Cgil è netta la distanza tra governo e sindacato sulle politiche per il lavoro e le riforme, a partire da quella fiscale. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ribatte punto per punto ai temi affrontati mercoledì dal segretario generale Maurizio Landini nella relazione di apertura del congresso. 

RIFORMA FISCALE - Il primo nodo a finire sul banco degli imputati è il fisco: la premier rivendica la delega approvata in Consiglio dei ministri, che invece per Landini andava ritirata. Meloni rimarca il fatto che anche i lavoratori avranno benefici dalla riforma, che andrà a incidere soprattutto «sui redditi medio bassi» visto che interesserà, assicura, «la gran parte dei dipendenti dentro la prima aliquota». In più le spese per «asilo, bus, istruzione» diventeranno «interamente deducibili» e ci sarà anche «la monetizzazione» dei fringe benefit in casi particolari come «la nascita dei figli». Tra le novità anche l'aumento della no tax area per i lavoratori (oggi a 8.174 euro che sarà equiparata a quella dei pensionati a 8.500 euro), oltre alla flat tax sui redditi incrementali anche per i dipendenti. Landini boccia invece tutte le forme di flat tax, che a suo parere vanno contro il principio di progressività scritto nella Costituzione, così come la riduzione delle aliquote che aiuta solo i redditi più alti. Insiste sulla richiesta di un taglio forte delle tasse ai lavoratori dipendenti e ai pensionati che pagano anche per chi non le paga, ripete: su 41 milioni di contribuenti, sono oltre 36 milioni, quasi il 90%.

SALARIO MINIMO - Meloni ribadisce il no al salario minimo per legge, la soluzione piuttosto è quella di estendere i contratti collettivi e combattere i contratti pirata, contrastare il lavoro irregolare e andare avanti sul taglio del cuneo. Per Landini il discorso di fissare una soglia di salario sotto la quale non poter andare va legato alla definizione di una legge sulla rappresentanza e alla validità generale dei contratti.

REDDITO DI CITTADINANZA – Meloni ribadisce di ritenere la misura «sbagliata» assicurando di voler tutelare chi non può lavorare, ma per chi può «la soluzione è creare posti e inserirle in corsi di formazione anche retribuiti». Perché, scandisce, «la povertà non si abolisce per decreto». Dall'anno prossimo l'Rdc scomparirà per lasciare il posto a quella che potrebbe chiamarsi Mia, Misura per l'inclusione attiva. Per la Cgil andava migliorato ma non abolito.

AMMORTIZZATORE SOCIALE UNIVERSALE - Il dialogo è pronto ad aprirsi sugli ammortizzatori. Meloni si dice «d'accordo sul principio», cavallo di battaglia di Landini, «stesso lavoro, stessi diritti», perché «non ci devono essere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B». Dunque, uno dei temi sui quali «possiamo provare a lavorare insieme è un sistema di ammortizzatori sociali universali che tuteli allo stesso modo chi perde il lavoro, sia esso un lavoratore autonomo, dipendente o atipico», spiega la premier. Da sempre Landini sostiene la nascita di un nuovo Statuto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori per cui ogni persona che lavora, con qualsiasi rapporto di lavoro, deve avere gli stessi diritti e le stesse tutele.

(Unioneonline/D)

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