Una macchina senza ruote, un aereo senza ali, un grattacielo senza ascensori. Un porto di transhipment senza gru è come un modesto parcheggio d'acqua scavato in un golfo d'angeli tra voli di fenicotteri rosa e petroliere in rada. Il tracollo pianificato a tavolino del Porto Canale di Cagliari inizia dall'alto. L'orizzonte di Giorgino, l'antica spiaggia dei cagliaritani, si staglia su quelle sette mastodontiche gru capaci, con la velocità della luce, di caricare e scaricare quelle scatole d'acciaio dalle grandi navi transoceaniche che, solcando i mari di mezzo mondo, trasportano ogni merce da un capo all'altro dei continenti. Eppure, il cuore pulsante della più grande infrastruttura portuale della Sardegna, quella che l'avrebbe potuta mettere al centro delle grandi vie d'acqua, non batte più.

Fenicotteri d'acciaio

I bracci azzurri di quei fenicotteri d'acciaio non si dispiegano più sul dorso delle navi per prelevare e posizionare container marchiati da lingue indecifrabili, con la sigla dei grandi player mondiali del trasporto via mare. Ferme, da ormai quasi tre anni. Il Porto Canale di Santa Gilla si è fermato. Per giochi e affari, speculazioni e complicità, a tutti i livelli. Dai traffici commerciali spostati repentinamente da un porto all'altro, giusto il tempo di un fonogramma, sino al blocco totale di ogni modernizzazione delle strutture portuali. Un piano segreto gestito con la spregiudicatezza di chi, usando la Sardegna con il principio dell'usa e getta, ha affossato inesorabilmente il primato geografico e operativo di questa enclave portuale al centro del Mediterraneo. Abbiamo raccontato i giochi sotterranei per far affondare il porto di Cagliari, abbiamo pubblicato pizzini e documenti inesorabili del progetto messo in campo per togliere al terminal sardo container e ossigeno. In questo intrigo internazionale per spostare l'asse del transhipment verso i porti del Nord Africa, ormai prossimi alla congestione, c'è, però, un ennesimo capitolo, quello decisivo per far naufragare il sogno di un'Isola strategica e centrale nel Mediterraneo.

Veduta aerea del Porto Canale di Cagliari
Veduta aerea del Porto Canale di Cagliari
Veduta aerea del Porto Canale di Cagliari

Dossier ad alta quota

È il dossier segreto e nascosto delle gru ciclopiche di Giorgino. La storia inizia con il cambio del mondo dei trasporti. A partire dalle navi. Nel 1969 la prima nave merci, la Encounter Bay, poteva trasportare da un Oceano all'altro 1.572 container, lo scorso anno, invece, è stata varata la Msc Gülsün, 400 metri di lunghezza, 62 metri d'altezza e 23.750 container trasportati. Tutti in un colpo solo. Dall'Oriente all'Occidente, dall'Australia al continente africano. L'obiettivo era evidente: ottimizzare, razionalizzare, risparmiare. Conseguentemente, però, bisognava adeguare porti e strutture per stare al passo con i tempi. Creare hub strategici per le grandi navi, con gru adeguate alle nuove esigenze d'altezza e larghezza. Il Porto Canale di Cagliari per sua vocazione naturale non poteva che svolgere quella funzione internazionale. Essendo un'Isola, la Sardegna, era, ed è, nella posizione ideale per accogliere i grandi traffici mondiali e, poi, distribuirli con navi adeguate nei porti più piccoli, nazionali e regionali. Un ruolo di cerniera tra i flussi commerciali transoceanici e quelli più a portata di mano. Dunque, le gru erano, e sono, il vero core business del Porto Canale.

Colpo letale

Non adeguarle o peggio lasciarle cadere a colpi di ruggine e ossidazione non solo era un danno economico ma finiva per mettere fuori mercato l'infrastruttura portuale costata una valanga di miliardi di lire. Il primo colpo letale al futuro dell'insenatura artificiale si è, infatti, giocato proprio sulle gru. Un inseguirsi spaventoso di promesse, balle a buon mercato, verbalizzate e impresse con inchiostro simpatico nei dossier di Regione, Ministeri e Autorità portuale. È qui che sono iniziate le operazioni per sistemare l'esplosivo della speculazione ai piedi di quelle gru. A partire dalla sparizione, senza colpo ferire di ben 60,6 milioni di euro. Uno sull'altro, deliberati e scomparsi, nell'inconcludenza pianificata a tavolino. Già da tempo lo scacchiere delle relazioni personali e degli affari d'alto mare aveva deciso di spostare l'asse verso Tangeri, Marocco, dove i signori della Eurokai/Erogate, famiglia Contship, avevano pianificato un porto container a ridosso dello Stretto di Gibilterra, la porta d'accesso verso il Mediterraneo dal versante occidentale. Delle sette gru posizionate nella banchina principale del porto cagliaritano, 5 erano state acquistate nei primi anni 2000 quando ci fu l'operazione che fece uscire dalle secche primordiali il Porto Canale. Le altre due, costruite dall'Italimpianti, erano già allora vecchie e superate.

Prima della fuga

Quando ancora la fuga da Cagliari non era stata pianificata, la Contship propone a Regione e governo un contratto di localizzazione per acquistare nuove gru, ammodernare i macchinari esistenti, potenziare gli impianti di banchina e rendere il terminal funzionale alle mega navi. Investimento complessivo di oltre 60 milioni di euro, 22 dei quali erogati dal ministero dello Sviluppo economico. I tempi sono scanditi nella delibera ministeriale: avvio del progetto nel 2007, conclusione nel 2010. Non se ne farà mai niente. I denari, scanditi dalla delibera Cipe n. 16 del 9 maggio 2003,ben 140 milioni di euro per l'intero territorio nazionale per i "Progetti pilota di localizzazione dei contratti di programma", spariscono. Una valanga di soldi ripartiti su scala nazionale, per un triennio: 6 milioni per il 2003, 30 milioni per il 2004 e 104 milioni per il 2005. Ulteriori 100 milioni arrivano nel 2005 con la delibera n. 34 del Comitato Interministeriale e altri 250 milioni nel 2006. Tempo concesso per pianificare gli investimenti sino al 2009. Sono passati 11 anni. Cagliari è stata prima cancellata e poi fatta fuori.

Mix esplosivo

Ad aver fatto sparire dal radar quelle risorse è stato un mix devastante di inettitudine, incapacità e soprattutto cambio di strategia. Eppure, nei verbali del comitato portuale del 28 aprile del 2017, quasi tre anni fa, con una sfacciataggine encomiabile, il rappresentante di fatto della Contship, l'ex direttore del Casic e poi braccio destro di Cecilia Battistello, Oscar Serci, dichiarava a verbale, senza tema di smentita, che le nuove gru erano state comprate. L'affermazione, infarcita da mezze parole e rimandi ministeriali, è una sentenza inchiodata nei resoconti ufficiali: «Il terminalista (la Contship) - annuncia Serci - ha già ordinato le tre gru, fermo restando l'acconto dato e il pagamento del saldo alla risposta da parte del Ministero sul rinnovo del piano di localizzazione che tiene conto di due realtà: 50 e rotti milioni che sono contributi, 50 milioni che sono del terminalista».

L'acconto di carta

Le facce in sala sono incredule tanto che l'Oscar di Cecilia, madame Battistello Eckelmann, è costretto a ribadire: «L'acconto e l'ordine delle nuove tre gru è avvenuto nel mese di settembre dell'anno scorso». Dunque, ricostruendo le carte sparite e dimenticate, la Contship avrebbe pagato l'acconto per le gru post Panama già a settembre del 2016. Un po' troppi 14 anni per far arrivare a Giorgino le ciclopiche gru alte oltre 60 metri per sollevare milioni di container dalle navi giganti. La verità è un'altra: le gru non sono mai arrivate perché non c'era interesse alcuno a mettere Cagliari in concorrenza con Tangeri e Malta, con Gioia Tauro e La Spezia. La conclusione è senza appello: spariti i 60 milioni deliberati, sparita la Contship, complicità da far spavento a tutti i livelli. Nel deserto a ridosso di Santa Gilla sono rimaste le gru, vecchie di vent'anni, con tante omissioni e molti silenzi. Abbiamo aperto i cassetti del Cacip, il mega consorzio che governa Macchiareddu. Ancor oggi, irragionevolmente, quelle gru, rimaste senza futuro nel Porto Canale, sono di proprietà del Consorzio Industriale. Il dossier gru è, però, roba che scotta. Ad aprile dello scorso anno la Contship, dopo che gli è stata revocata la concessione portuale, contatta il Consorzio: dobbiamo restituirvi le gru. I dirigenti dell'ente pubblico fanno scattare la macchina amministrativa della restituzione. Sopralluogo e relazione, con molti silenzi e qualche affermazione imbarazzante. Dopo aver scritto che la gru QC07, quella nell'immagine che pubblichiamo, è risultata danneggiata per un fortunale, la Contship ha dichiarato che la restituirà funzionante. Nel verbale di consegna si mette nero su bianco che, da fine 2018, i mezzi giganti non vengono più sottoposti a manutenzione ordinaria e regolare. Una tempistica che coincide con il pizzino del 7 agosto di quell'anno, quando fu decisa clandestinamente la dipartita del Porto Canale.

Revisione "dimenticata"

E soprattutto, nella relazione agli atti, anche se non firmata, c'è scritto che l'ultima revisione decennale risale al 2010. Ovvero, nel 2020 doveva essere fatta la verifica decennale, ma Contship è andata via prima. Onere, dunque, che passa, senza colpo ferire, dalle tasche degli Ekelmann alle casse pubbliche del Consorzio industriale, senza nemmeno una minima e preventiva stima di quanto potrà costare e se converrà revisionare quelle gru. Insomma, Cecilia le ha prese nuove e Oscar le ha restituite vecchie e senza manutenzione regolare. In nessun atto di quelli adottati per la restituzione delle gru si prendono in considerazione i danni legati alla mancata manutenzione di un periodo quasi triennale. Contship non saluta e non paga. E nessuno glielo fa notare.

Paga pantalone

Chi pagherà, e molto, invece, sarà il pubblico. La sostituta di Serci alla direzione del Consorzio industriale, Anna Maria Congiu, il 18 maggio del 2020 decide di fare una sorta di gara per garantire la manutenzione delle gru per quattro mesi. È ottimista. Nella delibera prevede che a settembre arrivi il nuovo concessionario che dovrà farsi carico della gestione delle gru. Per questa ragione stanzia "appena" 210 mila euro per 120 giorni. Salvo, poi, prevedere il raddoppio della cifra. Cerca una ditta, su cinque invitate, che esegua i lavori di manutenzione che altri dovevano fare. Le rispondono tutti picche, gara deserta. A quel punto scatta il piano B. Chiamano un dipendente della Contship, gli assegnano un incarico una tantum da 39 mila euro, tutto compreso, per gestire la manutenzione per qualche mese, in attesa del nuovo concessionario. Peccato che quelle gru, pubbliche, usate da un privato e abbandonate impunemente sul piazzale, adesso costeranno un mare di soldi al Consorzio Industriale, per la manutenzione e la revisione decennale. I fenicotteri rosa continuano a sorvolare la zona, nessuna nave in rada, solo gru senza futuro.

Mauro Pili

La determina
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