Il piano industriale "lacrime e sangue" del gruppo Bper - di cui fanno parte Banco di Sardegna, Banca di Sassari, Sardaleasing, Numera e Tholos - allarma i sindacati sardi.

Il piano prevede una contrazione del numero dei dipendenti, la chiusura di diverse sedi e lo spostamento di alcune lavorazioni, e l'Isola rischia di pagare un conto salatissimo.

L'azienda dice che la ristrutturazione porterebbe a una riduzione complessiva di 1.300 lavoratori, di cui 167 in Sardegna. Tuttavia - osservano le rappresentanze (First Cisl, Fisac Cgil, Uilca Uil, Fabi e Unisin) - visto che i lavoratori sardi hanno i requisiti necessari agli esodi incentivati, si ipotizza un numero di uscite pari a ben 600 unità.

Cosa che "provocherebbe uno scompenso tra lavoratori e lavoro risolvibile con pari assunzioni, e invece l'azienda propone un inaccettabile e ulteriore danno per il presente e per il futuro della Sardegna e dei giovani in cerca di lavoro, il trasferimento di lavorazioni su altri territori e un taglio per l'Isola di ulteriori posti di lavoro".

Una logica aziendale che i sindacati definiscono "inaccettabile". Perché "il Banco di Sardegna e le altre aziende sarde primeggiano in Bper per i risultati conseguiti negli ultimi anni, sono luoghi in cui il gruppo ottiene utili comodi a compensare risultati meno brillanti accumulati altrove".

"Tutti sappiamo - continuano i sindacati in una nota - che non è spostando il lavoro in altre regioni che si risolvono gli squilibri generati dall'uscita di centinaia di lavoratori, e sappiamo benissimo che senza i dipendenti il Banco di Sardegna non può continuare ad essere quella splendida realtà bancaria che bene ha descritto Forbes in un recente approfondimento".

Invece di fare investimenti e assumere stabilmente giovani, insomma, si tolgono lavorazioni all'Isola. E, per concludere "con chiarezza" i sindacati scrivono: "Nel prossimo anno si renderanno disponibili in Sardegna oltre 400 posti di lavoro in banca, qualcuno sta progettando di portarli via".

(Unioneonline/L)
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