Il percorso sarà graduale, ma si ritornerà – su questo Draghi non ha dubbi – al sistema ordinario delle pensioni disegnato dalla legge Fornero. Sul ritorno al sistema contributivo non si discute.

Ed è su questo che si è consumata a Palazzo Chigi la rottura tra il presidente del Consiglio e i sindacati a poche ore dal varo della manovra, attesa giovedì in Consiglio dei ministri.

Non c’è dunque la “riforma complessiva” che chiedevano Cgil, Cisl e Uil. E i toni si inaspriscono ancor di più quando, dopo un paio d’ore, il premier lascia il tavolo “per un altro impegno” e affida il confronto ai suoi ministri. 

Ormai i margini per ricomporre non ci sono. Si può trattare sul percorso d’uscita dall’attuale quota 100, ma non sul punto d’arrivo, che è la Fornero e il metodo contributivo.

I rapporti sono tesi anche con la maggioranza, in particolare con la Lega, che propone una mega-uscita a 63 o 64 anni nel solo 2022, per rinviare un intervento più complessivo al prossimo governo.

Quota 100, che scade il 31 dicembre, prevede la pensione anticipata con 62 anni d'età e 38 di contributi. La Fornero invece prevede l’uscita dal lavoro a 67 anni o con 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne). Sono varie le ipotesi per uscire gradualmente dal provvedimento voluto dalla Lega, che non sarà rinnovato, e tornare al regime della Fornero.

– Una, disegnata dal ministro Franco, è l’uscita anticipata dal lavoro con Quota 102 nel 2022 e nel 2023, poi Quota 104 nel 2024.

- Un’altra è Quota 102 nel 2022, Quota 103 nel 2023 e Quota 104 nel 2024.

- Ancora, due anni di quota 102 per poi tornare alla Fornero.

Con quota 102 potranno andare in pensione nel 2022 i nati nel 1958, nel 2023 toccherà ai nati nel 1959. Quota 104 è la più restrittiva, si va in pensione a 66 anni.

I SINDACATI – L’incontro non è andato bene, sentenziano, si aspettavano una riforma del sistema e non un ritorno alla Fornero.

Luigi Sbarra della Cisl parla di "grandi insufficienze e squilibri, per effetto del mancato dialogo con le parti sociali": le misure sono "largamente insufficienti sia per le pensioni, che per gli ammortizzatori sociali e per la non autosufficienza", aggiunge. Non bastano "soli" 600 milioni, sottolineano Pierpaolo Bombardieri della Uil e Maurizio Landini della Cgil: "non è una riforma degna di questo nome". Quindi, sciopero generale? "Se giovedì il governo confermerà questa impostazione valuteremo iniziative unitarie di mobilitazione", risponde Landini.

APE SOCIAL E OPZIONE DONNA – Si va anche verso la proroga di un anno per l’Ape social, con una estensione a nuove categorie di lavori gravosi, e per opzione donna. Si tratta di richieste che tutti i partiti di governo avevano fatto a Mario Draghi.

(Unioneonline/L)

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