ArcelorMittal scopre le carte e presenta il suo nuovo piano al governo. Un piano lacrime e sangue, perché per restare in Italia la multinazionale chiede 4.700 licenziamenti, di cui 2.900 dovrebbero scattare già a partire dal 2020.

A fronte di ciò, questa è la proposta, l'azienda potrebbe aumentare la produzione da 4.500 a 6mila tonnellate d'acciaio, sostituendo, nel 2023, il forno Afo2 con uno elettrico, a minore impatto ambientale ma anche occupazionale.

Un piano giudicato "irricevibile" dai sindacati che hanno parlato di "provocazione" della multinazionale e annunciato lo sciopero per martedì prossimo, 10 dicembre.

L'azienda insomma, presentando un piano aggiornato 2020-2024, sembra avere le idee chiare. Il piano porterebbe i lavoratori impiegati da 10.798 a 6.098 nel 2023.

"Deluso" il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, che annuncia: "Tra venerdì e lunedì il governo presenterà un suo piano industriale che farà diventare Ilva un esempio di impianto siderurgico, con uso di tecnologie sostenibili, con forni elettrici e assicurando i livelli occupazionali". E per far questo, assicura, "lo Stato è disponibile a investire, ad essere presente, a partecipare e accompagnare l'azienda in questo percorso di transizione".

Anche il premier Conte boccia il progetto: "Non va assolutamente bene, mi sembra sia molto simile a quello originario. Lo respingiamo e lavoreremo come durante questo negoziato agli obiettivi che ci siamo prefissati col signor Mittal e che il signor Mittal si è impegnato personalmente con me a raggiungere. Ci riusciremo".

La speranza è di trovare un punto d'incontro con la multinazionale, insomma, ma i tempi sono stretti. Se dovesse andare male, non è escuso un intervento dello Stato.

(Unioneonline/L)
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