Gli effetti della crisi economica legata alla pandemia sono ancora ben presenti in Sardegna. I dati dell’Istituto Tagliacarne-Unioncamere rielaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna confermano che nessuna delle province dell’Isola ha superato nel 2021 la ricchezza prodotta nel 2019.

Alcuni settori sono in ripresa, come le costruzioni e la manifattura, altri come l’agricoltura sono “in ombra”, mentre i servizi fanno registrare un bilancio negativo.

Nel report è stato analizzato il valore aggiunto prodotto da ogni singolo territorio sardo e italiano, tra il 2019 e 2021, e nessuna delle 5 province sarde ha messo alle spalle la crisi Covid superando la ricchezza prodotta nel 2019.

Considerando la variazione percentuale del valore aggiunto tra il 2019 e 2021, il migliore tra i territori sardi è Oristano che registra un -0,88% (40esima in Italia), seguita da Cagliari con -0,91% (42esima), Nuoro con -0,95% (44esima), Sud Sardegna con -1,07% (50esima). Chiude, con un profondo rosso, Sassari-Gallura con -2,37% (95esima). 

A livello nazionale solo 22 province su 107 hanno il segno positivo: più della metà si trova in Campania e Sicilia. Crescite al top del valore aggiunto a Enna con +2,9%, contro la media nazionale del -1,2%. Chiude Bolzano con -5,32%.

Per quanto riguarda il reddito prodotto pro-capite, in Sardegna apre Cagliari con 26.259 euro a testa che si conferma la provincia più “ricca” (43esimo posto nazionale); seguono Sassari-Gallura con 19.349 (77esima), Nuoro con 17.809 (84esima), Oristano con 17.210 (89esima).

Il Sud Sardegna ultima a livello regionale con soli 14.542 euro, è anche la terz’ultima in Italia.

«L’Isola deve ancora lavorare molto per recuperare lo shock pandemico perché ciò che emerge da questi dati, in generale, non è affatto confortante – commentano Maria Amelia Lai e Daniele Serra, presidente e segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – anche se, nelle costruzioni e nella manifattura, sta dimostrando una capacità di resilienza e di reazione capace di portarla tra le realtà che hanno superato i livelli di attività economica pre-Covid. Oltre all’agricoltura, in crisi in ogni parte d’Italia, ci preoccupano i servizi per i quali non ci aspettavamo una simile frenata».

E ci sono problemi storici che pesano sullo sviluppo della regione: “Per questo chiediamo che venga concretizzato subito il principio di insularità – proseguono Lai e Serra – perché all’Isola è stata riconosciuta la necessità di una condizione migliore rispetto a quella che vive da 70 anni a questa parte. Non la richiesta di privilegi o scorciatoie, ma solo la necessità di avere le stesse possibilità di crescita, di sviluppo, di pari diritti e opportunità che, da sempre, hanno altre imprese di altri contesti. Gli imprenditori non vogliono assistenzialismo: chiedono solo di essere messi in grado di competere a pari regole con il resto delle realtà europee e del Mediterraneo. Quindi via i gap, come quelli legati del credito, della competitività, della burocrazia, delle infrastrutture, dell’energia, dei trasporti e della produttività, che costringono le medie, piccole e micro imprese della Sardegna ad arrancare rispetto agli altri competitor”.

(Unioneonline/s.s.)

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