La Sardegna non è una terra a misura di bambino. 

Questo il quadro che emerge dai dati contenuti nella XII edizione dell'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia "Il futuro è già qui", elaborato da Save the Children e diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell'Infanzia e dell'Adolescenza del 20 novembre.

Nell’Isola, oltre al calo demografico, sono moltissimi i problemi che riguardano l’infanzia: più di un minore su cinque (22,8%) vive in condizioni di povertà relativa (ovvero commisurata agli standard di vita prevalenti in una determinata area geografica), una percentuale superiore alla media nazionale.

Gli "early school leavers", cioè i ragazzi con un'età compresa tra i 18 e i 24 anni che non hanno concluso il ciclo d’istruzione perché hanno abbandonato prima la scuola, sono il 12%, un tasso molto più elevato della media europea (9,9%), mentre i Neet – i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non frequentano un corso di formazione – raggiungono il 26,1%, una cifra che supera di poco la media italiana (23,3%), ma che è pari al doppio di quella registrata nel Vecchio Continente (13,7%).

Le diseguaglianze sociali sono evidenti già a partire dai primi anni di vita: nell’Isola poco più di un bambino su 10 (13%) ha accesso ad asili nido o servizi integrativi finanziati dai Comuni, contro il 14,7% del dato nazionale.

Inoltre, la spesa media pro capite dei Comuni della Sardegna per la prima infanzia (bimbi sotto i 3 anni) è di 612 euro, un dato piuttosto basso se si pensa che la media italiana è di 906 euro (con il picco di Trento, che mette a disposizione 2.481 euro per ciascuno).

Frammentata per zone la situazione relativa alle scuole primarie: a Oristano solo il 10,3% delle classi usufruisce del tempo pieno, a Cagliari il 34,2%, mentre Sassari e Nuoro arrivano rispettivamente al 41,8% e 47,2%, superando la media nazionale (36,3%).

Anche per le mense scolastiche, si registrano notevoli disparità territoriali: in provincia di Oristano la utilizza solo il 16,3%, a Cagliari il 46,1%, a Nuoro il 50,9%, fino a Sassari con il 70,1%, a fronte di una media nazionale del 56,1%.  

Le diseguaglianze sono inoltre ben visibili quando si analizzano i rendimenti scolastici. La dispersione implicita, cioè il mancato raggiungimento della sufficienza in tutte le prove Invalsi, in Italia è in media del 10% nell'ultimo anno delle scuole superiori. In Sardegna, invece, è di molto superiore: in provincia di Cagliari è pari al 12,3%, in quella di Oristano il 17,3%, in provincia di Sassari il 18,8%, fino ad arrivare alle province di Nuoro e Sud Sardegna con il 21,3% e il 25,6%.

A pesare sulle performance degli studenti sono stati anche i mesi di chiusura degli istituti e di didattica a distanza durante la pandemia.

(Unioneonline/F)

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