A fine 2021 per il caro energia rischiava di chiudere il 6,8% delle piccole aziende sarde. Il 10,6, invece, dichiarava che avrebbe dovuto deve ridurre l’attività. Lo aveva dimostrato una ricognizione della Cna (Confederazione nazionale dell’Artigianato) sulle attività iscritte all’associazione. Che sono state di nuovo interpellate  in questi giorni.

Il risultato del sondaggio è allarmante: “Oggi con la sostanziale duplicazione dell’impatto energetico sui costi aziendali”, spiegano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna, “si stima che il 13,6% non è più in grado di proseguire l’attività e il 21,2 è costretta a ridurre l’attività e conseguentemente anche l’occupazione”. 

Sottolineato un problema noto, i rappresentanti di categoria cercano anche delle soluzioni: “La diffusione massiccia di fonti energetiche rinnovabili, grazie anche alla diffusione delle comunità energetiche”, spiegano, “potrebbe incidere positivamente sulle piccole comunità locali della Sardegna limitando l’impennata dei costi dell’energia che sta incidendo particolarmente su imprese e famiglie”. 

La produzione fotovoltaica,  proseguono i vertici Cna, “potrebbe crescere molto e in tempi rapidi senza consumare suolo se solo si valorizzassero le superfici oggi disponibili di gran parte dei “capannoni” industriali e artigianali che potrebbero essere destinati all’autoproduzione e all’autoconsumo all’interno delle aziende incentivate da un credito di imposta". Che l’associazione  “propone nella misura del 50% delle spese sostenute per l’installazione di impianti di auto-produzione da rinnovabili fino a 200 kW”. 

(Unioneonline/EF)

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