Qual è il “peso” della Blue economy italiana? Lo ha calcolato Infomare, azienda speciale per l’internalizzazione, la formazione e l’economia del mare, con uno studio elaborato dal Centro Studi Tagliacarne e da Unioncamere, intitolato “IX Rapporto sull’Economia del mare 2021” e presentato al Salone Nautico dalla Camera di Commercio di Frosinone e Latina.

Se nel 2019 l'economia del mare ha prodotto 47,5 miliardi di valore aggiunto, ossia il 3% dell'economia nazionale complessiva, si calcola che cresca al ritmo di +12,4%. Ma grazie all’effetto moltiplicatore per cui ogni euro prodotto dalla filiera ne ha attivati 1,9, i 47,5 miliardi ne hanno prodotti altri 89,4 per arrivare ad un ammontare di ricchezza di 136,9 miliardi, pari all'8,6% del valore aggiunto prodotto dall'intera economia nazionale.

Dai dati, illustrati dal presidente di Assonautica e della Camera di commercio del Basso Lazio, Giovanni Acampora, e dal direttore generale dell'istituto Tagliacarne, Gaetano Esposito, è emerso che il "moltiplicatore" è più elevato al Nord (2,3 Nord Est e 2,1 Nord Ovest) rispetto a Centro (2,9) e Mezzogiorno 81,5).

L’anno scorso le perdite si sono fatte sentire con -10,7 miliardi, quasi un quarto del valore complessivo, dovuto in gran parte alla battuta d'arresto del turismo, mentre ha tenuto meglio la filiera della nautica, pur registrando una contrazione dell'11%.

Al primo posto tra le regioni, pe quanto riguarda l’incidenza del valore aggiunto prodotto dal sistema mare sul totale dell'economia, c’è la Liguria con l'11,9%, seguita dalla Sardegna con il 5,6% e la Sicilia con il 5,4%. Per quanto riguarda l'occupazione, gli addetti della Blue economy in Italia sono 893.553, pari al 3,5% del totale.

Le imprese sono invece 208.606 (dato 2020), il 3,4% del totale nazionale, e c'è una quota rosa consistente: 44.814 imprese (il 21,5% del totale) sono femminili, in crescita del 20,8% fra il 2014 e il 2020.

(Unioneonline/s.s.)

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