In dieci anni l'artigianato sardo ha subito una fortissima contrazione, tanto che ha chiuso quasi un'impresa su 5.

Un vero e proprio record negativo nella classifica nazionale.

Lo afferma un'analisi realizzata dal Servizio Studi della Cgia di Mestre sull'andamento del comparto.

Se a livello italiano, tra il 2009 e il 2018 hanno cessato l'attività 165mila società, è nel Mezzogiorno che si è registrata la contrazione maggiore.

In particolare, nell'Isola la diminuzione del numero di imprese artigiane attive è stata del 18% (-7.664 unità), una percentuale che la rende la Regione dove più grave è stata la crisi del settore.

Seguono l'Abruzzo, con una contrazione del 17,2% (-6.220), l'Umbria, con - 15,3 % (-3.733), la Basilicata con il 15,1% (-1.808) e la Sicilia, sempre con il -15,1%, che ha perso 12.747 attività.

Nell'ultimo anno, invece, il numero di imprese artigiane sarde è diminuito dell'1%, con 350 imprese in meno.

La regione meno virtuosa è stata la Basilicata, con un calo dello dell'1,9%.

"La caduta dei consumi delle famiglie e la loro lenta ripresa, l'aumento della pressione fiscale e l'esplosione del costo degli affitti hanno spinto fuori mercato molte attività", ha dichiarato il coordinatore dell'Ufficio studi dell'associazione di categoria Paolo Zabeo, "senza contare che l'avvento delle nuove tecnologie e delle produzioni in serie hanno relegato in posizioni di marginalità molte professioni caratterizzate da un'elevata capacità manuale".

OItre al danno economico causato da queste chiusure, "c'è anche un aspetto sociale molto preoccupante da segnalare. Quando chiude definitivamente la saracinesca una bottega artigiana, si perdono conoscenze e cultura del lavoro difficilmente recuperabili", ha aggiunto.

(Unioneonline/F)
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