In Sardegna più pensionati che lavoratori: «A rischio il sistema sanitario e previdenziale»
Nell’Isola 649mila assegni contro 566mila buste paga. Cgia lancia l’allarme: «Effetti negativi su mercato immobiliare, trasporti e turismo»Nelle regioni del Mezzogiorno, Sardegna compresa, aumentano i pensionati, il cui numero ha ormai superato quello delle persone attive nel mercato del lavoro.
È quanto si legge in uno studio della Cgia di Mestre, che lancia l’allarme su una situazione che nei prossimi anni potrebbe avere pesanti ricadute sul sistema economico, regionale e nazionale.
Secondo il report, nell’Isola – così come in Sicilia, Puglia, Campania e Calabria – ci sono molti più pensionati che occupati. Precisamente (dati riferiti 2022): 649mila persone ricevono l’assegno di pensione, mentre “solo” 566mila risultano attive nel mondo del lavoro percependo uno stipendio. Una differenza di 83mila unità che pone il “saldo” pensionati-occupati della Sardegna al quintultimo posto a livello nazionale.
I DATI SARDI – Guardando i dati per provincia, solo a Cagliari il saldo è positivo e pende dalla parte degli occupati, che sono 163mila contro i 153mila pensionati.
Nelle altre province, invece, prevalgono nel numero coloro che non hanno un impiego e percepiscono l’assegno di pensione. Scorrendo la classifica del “saldo” delle 107 province prese in cosiderazione da Cgia troviamo infatti Sassari all’82esimo posto (188mila pensionati-171mila occupati), Oristano all’85esimo posto (71mila pensionati-50mila occupati), Nuoro all’88esimo posto (91mila pensionati-70mila occupati) e il Sud Sardegna addirittura al 98esimo posto (146mila pensionati-112mila occupati, con una differenza di 34mila unità).
I DATI NAZIONALI – Al primo posto della classifica nazionale c’è invece la Lombardia (con quasi 3,7 milioni di pensionati e oltre 4,4 milioni di occupati), seguita da Veneto e Lazio, con un saldo positivo rispettivamente di +342mila e +310mila.
Fanalino di coda è invece la Sicilia, dove si contano 1,6 milioni di pensionati contro 1,3 milioni di lavoratori.
SISTEMA A RISCHIO – «È evidente – evidenzia il report Cgia - visto la grave crisi demografica in atto, che difficilmente riusciremo a rimpiazzare tutti questi lavoratori che non saranno più tenuti a timbrare il cartellino ogni giorno. In questo modo gli assegni erogati dall’Inps sono destinati a superare le buste paga degli operai e degli impiegati occupati nelle nostre fabbriche e nei nostri uffici, anche nelle ripartizioni geografiche del Centro e del Nord, mettendo così a rischio la sostenibilità economica del nostro sistema sanitario e previdenziale».
«Con tanti pensionati e pochi operai e impiegati – viene spiegato - la spesa pubblica non potrà che aumentare, mentre le entrate fiscali sono destinate a scendere. Questo trend, nel giro di pochi anni, minerà l’equilibrio dei nostri conti pubblici. Per invertire la tendenza dobbiamo aumentare la platea degli occupati, facendo emergere i lavoratori in nero e aumentando i tassi di occupazione di giovani e donne che in Italia continuano a rimanere i più bassi d’Europa».
LE CONSEGUENZE – «Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana – rimarca ancora il report Cgia - potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici e a mantenere i livelli di ricchezza sin qui raggiunti; in particolar modo a causa dell’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e di assistenza alle persone. Va altresì segnalato che con una presenza di over 65 molto diffusa, alcuni importanti settori economici potrebbero subire dei contraccolpi negativi. Con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione giovane, una società costituita prevalentemente da anziani rischia di ridimensionare il giro d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo».
Per contro, invece, conclude Cgia, «le banche potrebbero contare su alcuni effetti positivi; con una maggiore predisposizione al risparmio, le persone più anziane dovrebbero aumentare la dimensione economica dei propri depositi, suscitando la contentezza degli istituti di credito».