Tre imprese sarde su quattro hanno interrotto l'attività dopo il 23 marzo e solo 2 su cento guardano al futuro con ottimismo. Sono i dati emersi da un'indagine della Cna nazionale effettuata tra il 20 e il 26 aprile scorsi su un campione complessivo di 14 mila imprese italiane, 239 della quali sarde. I settori con maggior peso nell'isola sono stati quelli delle costruzioni (27,5%) e delle attività di produzione (16,9%).

A testimonianza delle micro dimensioni delle nostre imprese, il 91% del campione intervistato ha meno di dieci addetti: il 57,32% ha tra uno e quattro addetti, mentre quasi un terzo (il 23,1%) non ha dipendenti e/o collaboratori. Il dato di chi ha interrotto l'attività a fine marzo si sovrappone praticamente a quello di chi ha chiesto gli ammortizzatori sociali: il 72,4%, così divisi: il 59,5% per sospensione a zero ore. In particolare nel manifatturiero: moda (50 %), produzione (72,7%), legno e arredo (86,4%), servizi per la persona (100%).

Il 65% degli artigiani sardi è molto preoccupato per questa crisi, la maggior parte delle imprese giudica poco chiare e di difficile applicazione le misure di distanziamento sociale imposte dal Governo (pur necessarie ed efficaci) e reputa gli interventi a favore dell'economia insufficienti, ma un'impresa su due condivide comunque la scelta di ripartire con gradualità e ben l'81% mette l'accento sugli investimenti per la sicurezza e tutela della salute.

FASE 2 - La metà delle imprese sarde ha dichiarato di essersi dotato dei dispositivi e delle misure imposte dal Governo per riprendere l'attività e prevenire rischi per dipendenti e clientela (distanziamento tra le persone, utilizzo di dispositivi di protezione individuale, misure di igienizzazione, controlli salute etc). Il 25,9% non sta ancora adeguando l'attività alle nuove disposizioni e la restante parte (il 23,4%) non sa esattamente come procedere.

CLIENTI E FATTURATI IN CALO - Le preoccupazioni maggiori sono la perdita di clienti e il calo del fatturato. Solo il 18,8% delle imprese dichiara di non avere perso clienti a causa dell'emergenza. Il 23,4% ha invece registrato già una riduzione del numero di clienti mentre il 51,3% potrebbe subire una erosione del portafoglio clienti se l'economia non dovesse ripartire a ritmi adeguati e in tempi brevi. Il rischio di perdere clienti è trasversale a tutti i settori, anche a quelle rimaste aperte (vedi alimentari) che probabilmente si sono dovute confrontare con il calo dei consumi al dettaglio. Nei settori manifatturieri è avvertito soprattutto dalle imprese della moda, nei servizi da quelle che operano nelle attività turistiche. Per le imprese della moda una parte consistente delle commesse a rischio proviene da clientela estera. Le perdite maggiori sono previste dalle imprese che operano nella filiera del turismo dove il fatturato potrebbe diminuire del 70/80% in un anno. È l'ennesima conferma che questo settore è il più penalizzato dalla crisi anche perché per lungo tempo dovrà fare a meno della domanda proveniente dall'estero. Il secondo settore per perdite attese (-50%) è la moda. Il lockdown ha determinato la cancellazione della presentazione delle nuove collezioni oltre che il crollo della domanda, sia interna che estera. A completare il podio dei settori in maggiore difficoltà vi sono, quasi appaiati, il commercio, i servizi per la persona.
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