Da David Beckham a Bing Crosby, da Ronaldo a Gonzalo Higuaín. La Moraleja è da sempre il quartiere dei ricchi e del jetset, calciatori e artisti. Quando hanno vissuto nella penisola iberica erano tutti lì, nell’enclave dei paperoni di Spagna, ad Alcobendas, nella Comunità settentrionale di Madrid. I palazzi qui sono imponenti, piazzati nel bel mezzo di lussuosi campi da golf, con prezzi immobiliari che vanno ben oltre la decenza. I colossi dell’economia spagnola, l’élite finanziaria per eccellenza, in queste strade hanno imposto i segni del lusso sfrenato con la sfida delle sedi più autoreferenziali. Nell’avenida de Europa, al numero 18, nello scintillante quartiere de La Moraleja, il palazzo di cristallo (nella foto) ha un nome sospeso sul cielo di Madrid: Acciona.

La scalata spagnola

Non un colosso, di più. Si occupa di tutto, dall’ingegneria civile alle costruzioni, dalle infrastrutture ai trasporti. Governa e gestisce Acciona Trasmediterranea, la principale compagnia di traghetti della Spagna, con una flotta di 25 navi. Giornalmente collega le coste spagnole con le Isole Baleari, le Canarie, Ceuta e Melilla, oltre ai collegamenti con Marocco, Algeria e Francia. Nel 2020 il fatturato della multinazionale raggiunge, nonostante la pandemia, quota 6,472 miliardi di euro.

Lo sbarco sardo

Dal quartiere dei ricchi di Madrid a Is Arenas, nello specchio acqueo del Molentargius a Cagliari, il passo è breve. Anche qui, da qualche anno, a due passi dall’idrovora de S’arruloni, Acciona ha impresso, senza remore, il suo marchio di fabbrica. Una scalata al governo dei reflui fognari che ha dell’incredibile: prima la gestione del depuratore della capitale sarda e ora il governo a piene mani della stragrande maggioranza dei reflui fognari dell’Isola di Sardegna.

Dopo 700 anni

Dopo settecento anni dalla dominazione catalano-spagnola l’antica terra dei Nuraghi cede uno dei settori più delicati, quello della depurazione delle acque, ad una multinazionale tutta iberica. L’appalto è pubblico, europeo, e con tutti i crismi della legalità, sino a prova contraria. Magari difficile da conquistare per le imprese sarde, visti i requisiti dei lotti ciclopici previsti nella gara. E, infatti, l’operazione non lascia briciole. Acciona, da Madrid, sbanca la Sardegna. Prima in punta di piedi e, poi, con un’offerta che annienta ogni concorrenza. Oltre il depuratore di Cagliari, gli spagnoli conquistano tutta l’Isola, lasciando fuori, forse per pudore, solo il microscopico bacino della Marmilla-Mandrolisai e quello di Lanusei. Per il resto le chiavi dei depuratori, oltre 200, passano nelle mani iberiche. A maggio scorso l’aggiudicazione definitiva: gli spagnoli vincono l’appalto più cospicuo della storia dei servizi idrici in Sardegna.

Montagna di soldi

La cifra è ciclopica: 305 milioni di euro. La procedura aperta è divisa in cinque lotti: tre enormi e due piccoli. “Acciona Agua” non perde tempo con i piccoli e si concentra sui tre principali: vince il lotto 1 per 59,8 milioni, il lotto 3 per 69,4 milioni e il lotto 4 per 79,9 milioni di euro. Il lotto 2, la Marmilla-Mandrolisai, va a Idrotecnica di Roma per 35,9 milioni, mentre il lotto 5, quello ogliastrino, se l’aggiudica, unico sardo, Antonino Orrù di Jerzu per 9,6 milioni di euro. L’appalto è chiaro: «Servizio di conduzione e manutenzione degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane, di sollevamento fognario e di pretrattamento». Nel titolo non c’è scritto esplicitamente, ma nella depurazione dei reflui fognari c’è racchiuso il capitolo più delicato, quello dello smaltimento dei fanghi. In pratica la gestione di quel che resta di tutte le acque reflue dell’Isola. Una partita delicatissima, molto spesso sfociata nel penale, viste le tante inchieste che a livello nazionale hanno fatto scattare sequestri e non solo.

La consapevolezza

Abbanoa e Acciona lo sanno bene. E, infatti, non vogliono avere niente a che fare con quello scarto fognario. Nei caveau del palazzo di Madrid, infatti, custodiscono gelosamente il contratto di subappalto n.966-2021. Il documento, (nella foto) con tanto di firme in calce, è quello sottoscritto il 31 marzo del 2021 tra il colosso spagnolo e una società di Sanluri, la Shift, monopolista assoluta in Sardegna per la gestione di questi fanghi. In realtà, però, il contratto di subappalto, di cui siamo in possesso, è sincero come non mai. Alla lettera C della premessa c’è scritto: «Il sopra indicato contratto di appalto prevede l’esecuzione, per quanto qui interessa, della prestazione scorporabile-subappaltabile al 100% avente per oggetto il servizio di smaltimento dei rifiuti di processo». Sì, c’è proprio scritto «smaltimento dei rifiuti di processo».

Smaltimento di rifiuti

Non utilizzano termini pomposi come recupero o reimpiego, ma parlano, senza sotterfugi, di smaltimento e di rifiuti. Il subappalto è chiaro come non mai e lo si evince dai continui richiami, vedasi il punto 3.7, in cui l’appaltatore, Acciona, prescrive al subappaltatore, Shift, i documenti relativi «all’avvenuto regolare smaltimento dei rifiuti». Ancora rifiuti, ancora smaltimento. Abbanoa del resto si prende il sicuro: «la prestazione è scorporabile-subappaltabile al 100%». Il concetto è semplice: anche Acciona può liberarsi in toto di questa incombenza che, in realtà, è la più delicata del processo produttivo di un depuratore. E gli spagnoli non ci pensano su due volte a lavarsene le mani.

Responsabilità penali

Nella catena gestionale, secondo quanto scrivono nel contratto di subappalto, serve un soggetto che, alla fine, si assuma ogni responsabilità di quel che succede a quei fanghi. Il richiamo alle responsabilità legali, civili e penali, è un mantra continuo, con una smania legale ossessiva: «il subappaltatore si impegna sin d’ora a manlevare e tenere “indenne” l’appaltatore da ogni danno, spesa, onere, costo, sanzione e conseguenze pregiudizievoli». Una premura non disinteressata visto quel che accade, sempre più spesso, nella gestione dei fanghi fognari, dal nord al sud Italia. Nel documento custodito nella sede di cristallo a Madrid, però, c’è un punto non secondario in tutta la gestione di questi fanghi fognari: al punto tre, infatti, sono scanditi gli obblighi del subappaltatore.

Nessuno pesa

E’ il capitolo 3.10 ad aprire uno squarcio rilevante nell’intera gestione di questi “rifiuti”. C’è scritto: «Il subappaltatore si impegna altresì a installare sui mezzi di futura acquisizione sistemi di pesatura scarrabili a martinetti. Il sistema di pesatura a bordo per allestimenti scarrabili prevede l’installazione di quattro pistoni oleodinamici sui quali poggiano le celle di carico i quali sollevandosi rilevano il peso certificato del materiale contenuto nel cassone scarrabile». Non un dettaglio, anzi. La società di Sanluri, ad oggi, ha un parco macchine, secondo i documenti in nostro possesso, che non segnala alcun camion in grado di certificare in partenza il peso dei fanghi. E’ la Shift, infatti, che preleva i fanghi fognari dai depuratori sparsi in lungo e in largo per la Sardegna, senza mai sapere il peso del carico.

Abbanoa senza bilance

In nessuno dei depuratori di Abbanoa, infatti, risulta esserci una sola “bilancia” in grado di stabilire quale sia il reale peso del materiale. Una pesatura di quei fanghi avverrà solo una volta arrivati a Sanluri dove dovrebbe esserci una “pesa” nella disponibilità proprio della società subappalatrice. Da qui la richiesta di Acciona di dotarsi di camion con sistemi autonomi di pesatura. La realtà, però, è disarmante: questa “incombenza” del peso dei fanghi è affidata direttamente a colui che viene pagato in base alle risultanze della sua bilancia. E il guadagno non è di poco conto. Il capitolo dei ricavi è altisonante: ogni tonnellata di fanghi fognari verrà pagata da Acciona, e dunque da Abbanoa, ben 68,50 euro. Per capire di quali cifre stiamo parlando, basti un dato: Shift, per smaltire quei fanghi, nel quadriennio 2016-2020, ha incassato complessivamente la bellezza di 23 milioni e 474 mila euro.

Fai da te

Infine, a proposito del “fai da te”, anche le analisi sono tutte gestite direttamente dal subappaltatore che, attraverso laboratori convenzionati, provvede al monitoraggio dei campioni di fango. Il soggetto pubblico, l’Arpas, avrebbe eseguito solo qualche controllo, ma i risultati non risultano in alcun documento ufficiale. Molto spesso i riscontri pubblici si sarebbero limitati ad acquisire le sole certificazioni del privato, sia quelle riguardanti le analisi chimico fisiche dei fanghi che le caratterizzazioni del terreno. Un po’ poco visto il business che ruota su questi fanghi fognari. Una partita che, per dirla con il Consiglio di Stato, meriterebbe un supplemento di controlli preventivi, piuttosto che una gestione “fai da te”.

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