Nel 2024 i distretti tradizionali del Mezzogiorno hanno totalizzato quasi 9,9 miliardi di esportazioni a valori correnti, segnando un +0,4% sull'anno precedente, a fronte di un +0,9% medio nazionale. Dopo un primo trimestre in calo (-2,2%), i due trimestri centrali hanno registrato rimbalzi rispettivamente del +3,6% e del +4%, mentre il quarto trimestre ha segnato nuovamente una flessione (-3,2%).

La Sardegna però cede lo -0,1%, nonostante l’export del settore lattiero-caseario isolano segni +1,4% a fronte però del -12,5% del Sughero di Calangianus.

Parallelamente, i poli tecnologici del Mezzogiorno hanno visto una crescita dell'8,9%, nonostante il rallentamento del secondo semestre, culminato nel -9,3% tra ottobre e dicembre.

Sono i dati contenuti nell’ultima analisi periodica del Research Department di Intesa Sanpaolo, dove si sottolinea a livello generale un andamento che riflette da un lato una domanda internazionale ancora debole e le sfide legate alla lenta ripresa dei consumi delle famiglie, il cui reddito disponibile è stato eroso dall'inflazione del biennio 2022-23, dall'altro la capacità di reazione delle filiere di specializzazione tipiche del territorio di fronte a uno scenario caratterizzato da forte incertezza e volatilità.

Complessivamente, le esportazioni del Mezzogiorno hanno beneficiato della resilienza dei comparti agro-alimentare e farmaceutico, capaci di attenuare l'impatto della contrazione subita dalle altre filiere di specializzazione territoriale, penalizzate dalla debolezza della domanda di beni durevoli e semidurevoli.

A fornire un ulteriore dettaglio dell’export della Sardegna è anche l’ultimo rapporto Crenos, dove «si segnala il calo del valore dell’export dei prodotti petroliferi sardi (5,3 miliardi di euro nel 2024, -4% rispetto all’anno precedente), che comunque si conferma quota prevalente delle esportazioni della Sardegna (78% del totale)».

(Unioneonline/l.f.)

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