Il futuro ha un cuore antico per la ex Ilva di Taranto. Lo Stato imprenditore infatti sta per tornare nella gestione del siderurgico più grande d'Europa.

Questo nonostante le forti proteste del sindaco della città e di quanti avrebbero voluto subito uno stop delle attività altamente inquinanti che arrivano dagli altiforni. E malgrado le titubanze dei sindacati che invocano il mantenimento dei livelli occupazionali minacciati dalla crisi industriale prima e da quella pandemica adesso.

La firma dell'intesa, che doveva arrivare lo scorso 30 novembre e che è slittata di qualche giorno, è in arrivo a ore.

La mano pubblica è destinata ad entrare per ora al 50% nel polo industriale accanto ad Arcelor Mittal, la divisione italiana della multinazionale franco-indiana, per poi assumere il controllo con il 60% circa del capitale dopo il 2022 quando scadrà il contratto di affitto degli impianti pugliesi. La scalettatura ipotizzata al momento, anche in vista del confronto con i rappresentanti dei lavoratori, è quella di una crescita dei volumi produttivi dalle attuali 3,3 tonnellate di acciaio alle otto tonnellate a regime nel 2025: solo allora sarà garantita la piena occupazione dei 10.700 lavoratori diretti.

E' uno scenario tuttavia che preoccupa fortemente le 'tute blu' anche se nel prossimo quinquennio gli esuberi temporanei sarebbero coperti dagli ammortizzatori sociali dei quali lo Stato si fa garante. L'annuncio ufficiale dell'accordo è destinato ad alzare il velo anche su altri aspetti della vicenda, a cominciare dalla governance che dovrebbe essere inizialmente paritaria con presidente e amministratore delegato espressi l'uno da Invitalia e l'altro dalla Mittal. Ci sono poi da quantificare nero su bianco gli investimenti previsti, un tema sul quale i lavoratori chiedono chiarezza per comprendere la credibilità del progetto. Il governo non ha nascosto di puntare a parte dei fondi del Recovery Plan per innovare gli impianti e migliorare l'impatto ambientale in linea con quanto chiesto dall'Europa anche e soprattutto in tema di sviluppo dell'utilizzo dell'idrogeno come fonte di energia. E questo è proprio uno degli snodi che accende le polemiche sul territorio.

Per l'impianto di Taranto si profila comunque in ritorno al passato. Nata nel 1905 l'Ilva passò all'Iri nel 1929 e venne ceduta ai Riva solo nel 1995, con il piano di privatizzazioni.

Il commissariamento è datato 2012. ArcelorMittal arriva nel 2018 e ora arriva una nuova svolta.

(Unioneonline/F)
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