Ci vuole un bel coraggio. Da una parte lo Stato, il Governo Draghi nella fattispecie, impugna il «Piano casa della Sardegna» accusando la Regione di non averlo discusso e “concordato” con il Ministero dei Beni Culturali, dall’altra, lo stesso Governo, si accinge ad approvare, senza alcun coinvolgimento reale della Regione, un “Decreto Energia” che, senza colpo ferire, devasta paesaggi e aree agricole dell’Isola.

Due pesi e due misure

Nell’impugnativa di Palazzo Chigi alla Corte Costituzionale, Draghi e Ministri, accusano la Regione sarda di non aver “copianificato” nel Piano Casa, per esempio, le aree dove far parcheggiare roulotte e camper, oppure le regole urbanistiche per salvaguardare le scuderie della Sartiglia di Oristano. Nel contempo, però, lo stesso Governo, si prepara a “bombardare” i crinali della Sardegna a suon di ciclopiche pale eoliche, ignorando, o meglio umiliando, i poteri autonomistici della Regione a Statuto Speciale. Il testo del decreto, fermo da venti giorni a Palazzo Chigi per la firma finale del Presidente del Consiglio, attende un via libera che gli uffici di Draghi continuano a negare.

Il Fisico irruento

L’irruenza del Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, stretto nella morsa dei poteri forti e delle grandi lobby dell’eolico, si scontra con un passaggio che negli uffici legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri non possono ignorare: la Sardegna è una Regione a Statuto Speciale. Il fisico che guida il Ministero del contrappasso energetico di gerarchia delle fonti, di competenze statutarie e costituzionali, non ne vuole sentire. Orpelli, per chi già immagina escavatori e gru intente a piazzare le pale eoliche sulle vette di Punta Gomoretta a Bitti o tra i nuraghi di Villanovaforru. Figuriamoci se, lobby e poteri forti, possono perdere tempo dietro “competenze concorrenti o esclusive”.

Costituzione sparita

Nel testo del decreto trasmesso sottobanco a Ministeri e Regione Sarda, per esempio, non è mai citato il termine “Costituzione”. Del resto un atto come un decreto, che di fatto commissaria una Regione, per giunta a Statuto Speciale, dovrebbe fondarsi proprio sulla Carta delle leggi, il Corpus normativo dello Stato. E, invece, mai citata. Ignorata, in tutto e per tutto, anche la “Specialità” costituzionale della Sardegna. Mai richiamata, né nelle premesse tantomeno nel corpo del decreto. In quelle 4.920 parole di decreto unilaterale e autoritario non è mai richiamata la parola “Intesa”, mai. Eppure per far parcheggiare i camper il Governo aveva chiesto persino la “copianificazione” costituzionale. Come per dire: la Regione è “minorenne” e non può decidere nemmeno dove far parcheggiare una “roulotte”, figuriamoci se si può occupare di un’invasione “militare” di pale eoliche e pannelli fotovoltaici.

Cingolani & company

Espropriata e commissariata in lungo e in largo, in terra e in mare. Il decreto di cui parliamo, quello che dovrebbe, secondo i desideri di Cingolani & company, invadere la Sardegna di pale eoliche e distese infinite di pannelli fotovoltaici e far dipendere l’Isola da bettoline e carri bombolai, è stato previsto da una legge dello Stato, legge ordinaria, sia ben chiaro. Nel dispositivo del decreto-legge, n. 77, intitolato alla «Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure», si prevede che entro 30 giorni dall’entrata in vigore, quindi il 31 maggio, il Presidente del Consiglio dei Ministri emani il decreto attuativo. Il calendario di Roma segna già quasi sette mesi di ritardo, non pochi se si pensa al dogma dell’efficienza-urgenza sbandierato dall’équipe della Transizione Ecologica. La settimana dopo l’Immacolata potrebbe essere quella buona per tentare il blitz. Tutto dipende da cosa farà la Regione Sarda. Se cederà, senza colpo ferire, al Governo le proprie competenze esclusive e concorrenti, la partita la vinceranno lobby eoliche e poteri forti, se, invece, viale Trento dovesse far valere le proprie prerogative costituzionali e statutarie, quel decreto resterà lettera morta, per ridiscutere tutto da capo l’assetto energetico dell’Isola. La proposta di Decreto del resto ha suscitato non poche perplessità nello stesso staff di palazzo Chigi e non è un segreto che proprio i vertici del dipartimento competente abbiano fatto rilevare, anche pubblicamente, che la Sardegna non è una Regione come le altre.

Competenza esclusiva

E, in effetti, la partita è tutta legata ad alcuni elementi cardine che il decreto ha totalmente ignorato. Il primo: la Regione Sardegna, in base allo Statuto e alle norme di attuazione, n.480, del 22 maggio 1975 ha la competenza esclusiva in materia di «Governo del Territorio» e alla «Tutela del Paesaggio». C’è di più, la norma, che ha un rango costituzionale, quindi gerarchicamente superiore a qualsiasi norma ordinaria dello Stato, ha previsto il trasferimento alla Regione Autonoma della Sardegna delle attribuzioni già esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della Pubblica Istruzione e attribuite al Ministero dei beni culturali e ambientali. In pratica, lo Stato, ha trasferito, non delegato, (la differenza è sostanziale) alla Regione competenze esclusive su paesaggio e ambiente, le stesse che adesso il Governo vorrebbe riportare sotto il potere di Palazzo Chigi con un decreto attuativo previsto da una “modesta” legge ordinaria. Il governo può disporre delle competenze del Ministero dei Beni culturali per tutte le altre Regioni che non hanno avuto il trasferimento di quelle competenze, ma non lo può di certo fare per la Regione Sardegna. E’ evidente che questo aspetto costituisce il primo rilevante vulnus sulla legittimità “costituzionale” del decreto alla firma di Draghi.

Paesaggio calpestato

Non foss’altro che il testo elaborato da Cingolani interviene in maniera devastante proprio sul tema del paesaggio avendo previsto di piazzare in lungo e in largo per la Sardegna la bellezza di ben 2.600 megawatt di pale eoliche e 2.200 megawatt di pannelli fotovoltaici. Un impatto paesaggistico prevalente su ogni altra questione energetica, visto che la stessa Corte Costituzionale, su questo tema è stata molto più che esplicita.

Mattarella e l’impatto

A esprimere la posizione della Consulta sul tema era stato l’attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel 2014 Giudice Costituzionale, che aveva esplicitamente messo nero su bianco un concetto imprescindibile: «evitare che una installazione massiva degli impianti (eolici) possa vanificare gli altri valori coinvolti, tutti afferenti la tutela, soprattutto paesaggistica, del territorio». E’ fin troppo evidente che aver già «imposto», con il decreto che il governo si accinge a varare, il numero di pale eoliche da piazzare in Sardegna, genererà un vulnus costituzionale senza precedenti. E’ quell’«impatto massivo», per richiamare Mattarella, a vanificare gli altri valori di rango costituzionali, come ambiente e paesaggio, la cui competenza è esclusiva della Regione. Quella previsione di aerogeneratori e di pannelli fotovoltaici protesi sui paesaggi montani della Barbagia o sulle pianure del Campidano è, palesemente, una violazione costituzionale.

Dominus, non sgabbello

E’ un tema quello del Paesaggio, e quindi dell’eolico e del fotovoltaico, che non può essere oggetto di negoziazione. La Regione sul Paesaggio e la sua Tutela, in base al trasferimento delle competenze con le Norme di Attuazione del 1975, legge di rango costituzionale, è il dominus, non lo sgabello dello Stato. Vi è, poi, il secondo grande vulnus, quello relativo alla competenza “concorrente” che assegna alla Regione Sardegna la potestà legislativa in materia di “produzione e distribuzione dell’energia elettrica”. Secondo Cingolani, e non solo, quella “potestà” poteva essere superata a colpi di pacche sulle spalle. E che il Ministro non avesse ben chiara la questione lo si evince dall’incipit del testo del decreto dove si afferma: “Considerato che, a seguito della trasmissione del decreto, non è pervenuta alcuna osservazione dagli altri dicasteri interessati, né dalla regione Sardegna, con la quale si sono avute riunioni di coordinamento durante le quali si è discusso dello schema del presente provvedimento”. In pratica si è scambiata la partita della competenza “concorrente” come un rito da consumare con qualche videochiamata.

Intesa, non pacche

E’ stata anche in questo la Corte Costituzionale a fare chiarezza, intanto sul metodo: senza un’intesa forte lo Stato non può prevalere, salvo che non ci sia l’esigenza di colmare un gap per i cittadini della Regione. In realtà il decreto proposto dal Governo tutto fa fuorchè colmare un gap energetico. Anzi, basta vedere le cifre proposte per sostituire le centrali a carbone di Fiumesanto e Portovesme. Attualmente le due centrali valgono una potenza di 1.200 megawatt, il decreto del governo prevede, in base alle indicazioni di Terna, di dimezzare quel quantitativo portandolo a 550 megawatt.

Divario aumenta

In pratica, non solo non si colma il gap energetico che doveva prevedere una soglia aggiuntiva di sicurezza elettrica anche per sopperire ai rischi di black-out di una Regione insulare, ma si amplia pesantemente la forbice del divario energetico. A questo si aggiunge che mentre in tutta Italia le reti nazionali prevedono che il gas arrivi a domicilio, nei bagni e nelle cucine, nei riscaldamenti di casa e alle aziende, in Sardegna, in base al decreto Cingolani, il Gnl, di cui si ignorano ancora i costi, arriverà, forse, con bettoline, che lo scaricheranno su improbabili navi galleggianti a Porto Torres e Portovesme. Un po’ di gas arriverà, ad un costo superiore a quello di qualsiasi altra regione italiana o europea, nelle città metropolitane di Cagliari e Sassari.

Carri bombolai

Per il resto dell’Isola solo carri bombolai lungo le “efficienti” e “sicure” strade di Sardegna. L’unica àncora di salvezza è ancora una volta quel vecchio, ma pur sempre attuale, Statuto Speciale della Regione Autonoma della Sardegna. L’ultimo baluardo per non far travolgere l’Isola dall’ingordigia di Stato. Una “sana” e leale negoziazione per ottenere il maltolto ha solo una via: il ricorso alla Corte Costituzionale. La partita energetica non è più roba da pacche sulle spalle.

 (3.continua)

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