Economia sarda, un potenziale inespresso da 9 miliardi di euro
L’analisi Cna: «Per creare sviluppo e cogliere le occasioni del Pnrr servono scelte di discontinuità e riforme strutturali». Edilizia, turismo e agroindustria i settori con il più ampio margine di miglioramentoImmagini simbolo (Pixabay.com)
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«Il sistema delle imprese sardo ha un grande potenziale inespresso: se riuscissimo, in termini di produttività, ad avvicinarlo alla media nazionale, recupereremmo 10 punti di PIL, ovvero 4 miliardi di euro, e 9 sarebbero i miliardi di PIL se ci allineassimo alla frontiera efficiente delle regioni del nord».
È quanto si legge nel report “Scenari strategici per lo sviluppo delle piccole e medie imprese al tempo del PNRR” diffuso questa mattina da Cna Sardegna: un’analisi per fare il punto sull’economia dell’Isola, segnalandone criticità e possibili strategie di miglioramento.
GLI INDICATORI – I dati contenuti nel dossier fanno riflettere sui gap che si trovano ad affrontare aziende e imprenditori isolani.
«L’ultimo ventennio – sottolinea Cna - registra il fallimento delle politiche di coesione e rimane anche irrealizzata la convergenza con le aree più dinamiche del paese e dell’Europa».
Per fornire meglio il quadro il report fornisce indicatori eloquenti:
- Con la crescita attesa nel 2023 (+0,8%) la Sardegna non recupera i livelli pre-pandemici di ricchezza prodotta
- La quota dell’export manifatturiero sardo sul PIL, al netto del settore petrolifero, è del 3,8%, mentre la media nazionale è del 28% e quella del Meridione del 13%
- Il settore manifatturiero, decisivo per promuovere e diffondere innovazione, pesa appena il 5,7%, contro il 16,6% medio nazionale e l’11% del Sud
- Nel rapporto tra valore aggiunto e ore lavorate la Sardegna è terz’ultima in Italia, con appena 30 euro per ora lavorata, rispetto ai 37 euro medi nazionali
- In rapporto al PIL, il peso e l’incidenza della P.A. è del 30%, contro il 19% della media nazionale
- Per qualità del contesto istituzionale/amministrativo l’Isola mostra un gap di oltre 10 punti percentuali rispetto alla già deficitaria situazione italiana, 39 punti rispetto alla media delle regioni del nord Italia. Solo il 10% delle regioni europee mostra un indice inferiore a quello della Sardegna
POTENZIALE INESPRESSO – Eppure, come detto all’inizio, il potenziale è enorme. In base all’analisi dei bilanci delle imprese effettuato dal Centro Studi della Cna sarda il sistema delle imprese sarde potrebbe infatti aumentare il proprio valore aggiunto, a parità di costi produttivi e ore lavorate, di circa il 25% se operasse in maniera ottimale.
A conti fatti si tratta di circa 8/9 miliardi di euro di maggiore PIL (ai prezzi del 2019) ottenibili investendo sul miglioramento dei processi produttivi, della tecnologia, dell’organizzazione e dei modelli gestionali.
Anche rispetto alla media nazionale i margini di miglioramento sono evidenti: circa 10 punti percentuali di PIL che mancano all’appello (3/4 miliardi di euro).
I SETTORI CHIAVE – I settori che possiedono le maggiori potenzialità/opportunità di crescita, a fronte di un investimento indirizzato a migliorare l’efficienza del processo produttivo, sono quello delle costruzioni, che al momento si colloca, in assoluto, tra i meno performanti al livello nazionale, specialmente nella sua componente di lavori specializzati (es. impiantistica, lavori di finitura degli edifici). «In pratica – rimarca il report -, si stima che il settore edilizio della Sardegna, avvicinandosi alla frontiera efficiente, potrebbe migliorare il proprio output addirittura del 42%.
Ma anche nel settore turistico-ricettivo i margini di miglioramento sono enormi (+34% di incremento potenziale), mentre per il settore agroindustriale l’ampiezza del gap di efficienza si aggira intorno al +35%. Un po’ meglio vanno le cose nell’ambito trasportistico, sebbene i margini di miglioramento rimangano significativi (+15%).
«20 ANNI FALLIMENTARI» – «Un ventennio di fallimento nelle politiche di coesione – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della CNA Sardegna – impone scelte di discontinuità radicale rispetto al passato sulle grandi “riforme di struttura”. Serve condivisione tra le forze politiche per rendere efficaci nel medio-lungo periodo le politiche di programmazione e di sviluppo».
«La legislatura – aggiungo Tomasi e Porcu - si concluda in maniera ordinata e utile approvando i provvedimenti su cui esiste specifica copertura finanziaria – urgente per non rischiare di non utilizzare le risorse del PNRR ridare operatività alla macchina amministrativa regionale, coprendo i vuoti nella direzione tecnica di assessorati strategici e del Centro Regionale di programmazione».
IL PNRR – Una grande occasione è, ovviamente, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
«Per rilanciare la produttività della Sardegna in un’ottica di modernizzazione, digitalizzazione e sostenibilità, un ruolo importante, una grande opportunità sarà fornita nei prossimi anni dal PNRR», proseguono Tomasi e Porcu.
«Le risorse potenzialmente destinate alla Sardegna da quanto risulta dai progetti presentati sono circa 3,6 miliardi, corrispondenti al 2,4% delle risorse pianificate al livello nazionale (149 miliardi): in rapporto alla popolazione si tratta di circa 2.300 euro per abitante, un dato decisamente inferiore alla media delle regioni del Sud (3.000 euro) e che posizione l’Isola al sestultimo posto nella classifica regionale».
«Analizzando i dati sui progetti presentati nell’Isola – si legge ancora nel dossier Cna - emerge come in Sardegna i temi del digitale siano considerati strategici dalle amministrazioni locali. Si tratta, nello specifico, di 1.582 progetti (su 3.620 totali), per una spesa prevista pari a 611 milioni, finalizzati a trainare il processo di modernizzazione del sistema della PA, a favorire la digitalizzazione delle imprese e a promuovere la cultura del digitale nella società. Il loro peso è pari al 17% in termini di importo previsto, un dato che pone l’Isola al terzo posto tra le regioni italiane, alle spalle soltanto di Valle d’Aosta e Molise (in termini numerici il peso è anche maggiore, il 33,3%, un dato inferiore soltanto a quello registrato in Valle d’Aosta)».