Il tempo, adesso, sta davvero per scadere. Un allarme dopo l'altro poi l'Italia ha dovuto prendere atto dell'inevitabile sentenza: costretta a casa dal coronavirus e con la maggior parte delle industrie bloccate, l'economia non soltanto corre il rischio di subire un tracollo, ma di non trovare neppure le forze per rialzare la testa. La scossa, poderosa, è arrivata da una voce eccellente, quella di Mario Draghi, ex presidente della Bce. "Il costo dell'esitazione potrebbe essere irreversibile", ha detto sconvolgendo il torpore dei temporeggiatori di tutto il mondo che hanno finalmente intravisto lo spettro di una crisi finanziaria anche peggiore di quella del 2008, in grado di innescare non una recessione, ma una depressione globale, considerato che questa volta le Banche Centrali hanno le armi spuntate proprio perché hanno dato tanto durante quel disastro finanziario. E le Borse potrebbero pagare a caro prezzo il periodo di "massimi record" spesso gonfiati. Un castello di carte che potrebbe essere spazzato via dal coronavirus, tsunami devastante in un 2020 che già si presentava pieno di pericoli per l'economia.

Il decreto Cura Italia potrebbe mobilitare - secondo le stime del ministero dell'Economia - risorse per centinaia di miliardi di euro.

Ma un testo normativo, da solo, non basta perché il nodo del problema, adesso, è la velocità con cui gli articoli di legge si trasformeranno in risorse tangibili. E per scioglierlo, dunque, dovranno giocare un ruolo determinante la Cassa Depositi e Prestiti e le banche. "La velocità del deterioramento dei bilanci privati", è infatti l'autorevole opinione di Mario Draghi, "dovrà incontrare una uguale velocità nel dispiegare i bilanci dei Governi e mobilitare le banche".

La Cdp ha messo in campo in un primo momento 17 miliardi: ai 4 miliardi di garanzie Sace-Simest alle imprese che esportano e ai 3 miliardi del plafond per tassi calmierati, si sommano garanzie della Cassa che consentiranno di attivare 10 miliardi di prestiti. Quest'ultimo flusso si attiva grazie a 500 milioni previsti dai decreti Cura Italia che avrebbe - viene stimato nella relazione tecnica - un effetto leva in grado di moltiplicare per 20 l'impatto. L'attuazione di questa norma è ora legata ad un regolamento che il ministero dell'Economia sta mettendo a punto con i vertici dell'istituto e che dovrebbe essere ufficializzato entro brevissimo tempo.

Ma il ruolo di Cdp è destinato almeno a raddoppiare con il decreto bis di aprile. Del resto Cassa Depositi è il braccio finanziario operativo del Governo, in grado di attivare risorse anche sui territori - che è una delle sue missioni - e per renderla ancora più incisiva si starebbe guardando con attenzione al modello tedesco che garantisce rapidamente prestiti, anche attraverso l'emissione di bond.

L'esigenza è quella di fare in modo che questo "ossigeno finanziario" arrivi velocemente a imprese e lavoratori. Confindustria sta battendo con forza su questo tasto già da giorni. "Con un "fatturato zero, un fatturato dell'Italia che non fa, non si produce e non si vende nulla". Il presidente Vincenzo Boccia ha fatto i conti ed è stato chiaro: perderemo 100 miliardi al mese, ha detto. E ha stimato un calo del 6% del Pil se tutto rimarrà fermo fino a maggio, come qualcuno teme. In questo modo le imprese affonderebbero, di fronte alle scadenze e ai pagamenti necessari anche soltanto per stare a galla. L'appello, perciò, è quasi un ultimatum: il prossimo decreto arrivi al più presto e sia il più potente possibile.

L'incognita su quanto dureranno il coronavirus e l'ondata recessiva, fa supporre che molte società potrebbero essere spazzate via. La Fed, e la Bce, stanno facendo un tentativo disperato basato su liquidità e prestiti iniettati a forza nell'economia reale. Che però avrebbe prima bisogno di una spinta alla domanda aggregata. La parola d'ordine, dunque, è sempre la stessa: bisogna fare in fretta perché il tempo concesso alle discussioni, alle polemiche e soprattutto agli egoismi, sta per scadere.
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