Prima l'emergenza coronavirus, e adesso la Fase 2 stanno portando a galla i grossi limiti di una città che rischia di collassare dal punto di vista economico e sociale. I dati che piano piano spuntano fuori fotografano una situazione di Oristano da allarme rosso. Ad esempio, una famiglia su dieci campa in povertà. C'è chi tenta di sopravvivere con i 450 euro del reddito di cittadinanza, chi sommando i 600 di pensione sociale e adesso, sotto attacco da coronavirus, gli 800 dello Stato e i buoni spesa della Protezione civile: poveri, più o meno. Prima della pandemia le statistiche ruotavano tra le 700 e le 800 famiglie, da marzo in poi la lista si è allungata come confermano dalle organizzazioni di volontariato cittadine e attestano gli ultimi dati ufficiali.

Il Comune il mese scorso ha distribuito i buoni spesa per l'acquisto di generi alimentari e di prima necessità, 172.500 euro per la precisione accreditati dalla Protezione civile e distribuiti a 744 cittadini residenti in condizione di grave difficoltà economica, senza alcun reddito disponibile e alcuna forma di sostentamento reperibile attraverso accumuli bancari: 235 euro a testa. Non granché. E che ormai si sia aperta la forbice delle richieste per avere sussidi lo dimostra anche la corsa ad avere le borse di studio: 450 famiglie che su 506 richiedenti hanno beneficiato delle borse di studio per l'anno scolastico 2018/2019 «per sostenere gli studenti e le famiglie nei percorsi di istruzione della scuola dell'obbligo e della scuola superiore di primo e secondo grado». In tutto appena 42 mila euro da spartire tra le 450 famiglie con un Isee non superiore a 14.650 euro. Risultato: 93,46 a testa. Più che una borsa, un borsellino di studio. La stessa legge regionale finanziava la fornitura gratuita, totale o parziale, dei libri di testo: 306 istanze presentante, 297 accolte alle famiglie che possedevano i limiti di reddito previsti per le borse di studio, 14.650 euro. «La somma messa a disposizione dalla Regione è sufficiente a ricoprire la spesa totale per ciascun beneficiario», precisa Maria Rimedia Chergia, dirigente del settore programmazione e gestione delle risorse. Infine gli 800 euro girati dalla Regione al Comune e che hanno creato un botta e risposta anche acceso tra maggioranza e minoranza consiliare. In Comune sono piovute la bellezza di 1.633 domande. Nei primi dieci giorni la macchina municipale aveva già liquidato 250 domande di altrettante famiglie che chiedevano appunto il "Bonus famiglia". In ballo ci sono un milione e 198 mila euro arrivati dalla Regione e destinati ad aiutare le famiglie che sono state in difficoltà durante il periodo della chiusura per coronavirus. Restano in attesa di avere i soldi ancora 987 nuclei familiari e in cassa ci sono 528 mila euro.

Ma c'è anche un altro dato che attesta le difficoltà in cui navigano molte famiglie in una città dove «manca il lavoro e non può continuare a campare di pensioni e pubblico impiego», è il parere di Nando Faedda, presidente della Camera di commercio. Superano quota settecento le famiglie inserite nelle fasce delle estreme povertà, nell'abbattimento dei costi dei servizi essenziali e nei sussidi per lo svolgimento di servizi civici comunali. «Oltre questi numeri occorre considerare il mondo sommerso, persone che vivono di assistenza non dichiarata e di pensioni di parenti stretti destinate prima o poi a finire», precisano alla Caritas. Difficile quantificarle ma il numero sempre più alto di persone che si rivolgono alla Caritas diocesana, alla Mensa della carità per un pasto caldo, alle Vincenziane, alla Croce rossa, alla Casa del sole e altre associazioni di volontariato parlano del superamento della soglia del diritto a vivere. Un lungo e silenzioso popolo che ingrossa le fila giorno dopo giorno. E che vede anche ad esempio diversi commercianti che dopo il periodo di chiusura forzata dovuto appunto all'emergenza coronavirus, adesso non riescono più ad alzare la serranda del proprio negozio. Drammi che si aggiungono al dramma di una città in ginocchio.
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