"Agli attuali ritmi di crescita il Pil tornerebbe sui livelli del 2007 nella prima metà del prossimo decennio".

A dieci anni di distanza dal suo primo sviluppo, l'Italia non è ancora andata oltre la crisi.

Lo ha affermato Ignazio Visco nelle Considerazioni finali del suo ultimo anno di mandato come governatore della Banca d'Italia.

Nel suo intervento Visco ha ribadito che "la centralità è il lavoro", ambito in cui rimane "l'eredità più dolorosa" del periodo di recessione, nonostante i dati positivi relativi alla disoccupazione, scesa all'11%.

E, se è vero che il periodo più nero è alle spalle e che "in Italia l’espansione dell’economia, ancorché debole, si protrae da oltre due anni", il tasso di crescita del Pil è ancora alla metà di quello dei nostri vicini europei, che è intorno al 2%.

"L'esigenza di superare la crisi ha sollecitato, sollecita ancora, uno sforzo eccezionale", ha ricordato Visco, mettendo in luce le debolezze strutturali dello Stato italiano, che impediscono alla nostra economia di essere all'altezza di quella degli altri Paesi dell'Eurozona.

"Il debito pubblico e i crediti deteriorati riducono i margini di manovra dello Stato e degli intermediari finanziari; entrambi rendono vulnerabili l’economia italiana alle turbolenze sui mercati", ha affermato il governatore. Sottolineando come il primo "condizioni la vita economica del Paese".

E proprio per correggere questi squilibri Visco invita ad andare avanti con le riforme.

"Il Paese ce la può fare, si può riprendere, può tornare a crescere con energia, purché chi governa abbia a cuore i benefici per i cittadini", ha ammonito il governatore, che ha affrontato anche il tema delle elezioni.

"Il problema non è dunque tanto la data delle elezioni, quanto il distacco della politica da una perenne campagna elettorale: no a politiche a corto raggio", ha detto. In particolare la politica deve occuparsi di "chi resta indietro e di chi arretra, liberando l'economia da inutili vincoli, rendite di posizione, antichi e nuovi ritardi".
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