Per quasi 120mila lavoratori sardi, oggi ancorati agli ammortizzatori sociali, ci sono solo due salvagente per non affondare nel mare di coronavirus: potenziamento della struttura imprenditoriale e del suo capitale per rigenerare una fase espansiva dell'economia; rilancio delle politiche attive del lavoro e formazione professionale per rispondere, sul lato dell'offerta, all'acquisizione e aggiornamento di competenze e ai bisogni di una parte consistente della popolazione.

Questa l'analisi della Cisl Sardegna.

"Senza queste due condizioni - spiega il sindacato - 8.098 professionisti collaboratori, 82.682 lavoratori autonomi, 16.804 stagionali del turismo, 9672 agricoli, 669 del settore spettacolo, oggi sostenuti da un assegno di 600 euro, saranno alla fame e a forte rischio di finire nel ghetto di professionalità obsolete, quindi inutilizzabili in un mercato del lavoro fortemente condizionato da prerequisiti informatico-digitali. Migliaia di persone nei prossimi mesi (da giugno, al massimo da settembre) saranno scaricate dalle varie tipologie di ammortizzatori sociali, quindi nell'indigenza".

"E' indispensabile - dice Gavino Carta, segretario generale della Cisl sarda - che politiche attive e formative entrino subito in azione, con maggiori risorse e con tempi attuativi brevissimi, per incidere positivamente sulle conseguenze prodotte dalla lunga sospensione produttiva, e in una economia peraltro da tempo in grande difficoltà".

Da qui l'appello alla Regione, "che deve rendere visibile e operativo con la massima urgenza un programma aggiuntivo di misure e attività formative, con protocolli sanitari e di prevenzione utili, riportando alla piena operatività le 40 Agenzie formative accreditate, che prima del blocco Covid 19 coinvolgevano in attività formativa circa 10mila utenti (la maggior parte appartenente alla fascia di età 15-24 anni, con una larga rappresentanza di minorenni in dispersione scolastica, spesso con problematiche familiari ed economiche)".

(Unioneonline/F)
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