“Tataresu impica babbu”: un gesto d’amore trasformato in soprannome d’insulto
All’origine del modo di dire la scelta di un boia che decise di non impiccare suo figlio Il modo di dire "tataresu impica babbu" affonda le proprie radici in una storia che risale ai tempi della Santa Inquisizione, quando anche a Sassari c’era il boia, “Su Buginu”. La traduzione letterale dal sardo all'italiano è "sassarese impicca padre".
Nessuno conosceva l'identità del boia, ma tutti sapevano che abitava in quel perimetro che oggi si chiama Largo Quadrato Frasso. Il boia, un giorno, si trovò davanti a una dura realtà: gli portarono per mezzo di un carro, un condannato al patibolo e nell’atto di incappucciarlo si rese conto che si trattava di suo figlio, scappato di casa tempo prima. In preda alla disperazione e con lo spirito di un padre che farebbe di tutto per suo figlio decise di approfittare del fatto che nessuno conoscesse la sua identità d’esecutore e decise di salvarlo facendogli promettere di riaffacciarsi a una vita onesta. Si scambiarono così i vestiti e anche i ruoli. Non fu il padre a uccidere il figlio ma il figlio a uccidere suo padre.
Si tratta di un modo di dire che racconta la generosità e l’affetto di un padre nei confronti di suo figlio, un padre che decise di morire per farlo vivere. Col tempo però questo significato mutò e questa storia divenne il racconto dell’egoismo di un figlio, che per salvarsi, non guarda in faccia nessuno, nemmeno suo padre. Ecco perché questo modo di dire.
(Unioneonline)