«A quasi 80 anni di distanza sembra che la storia abbia insegnato poco. Guerre, violenza, discriminazioni sono tristemente attuali, come l'antisemitismo, una piaga sempre esistita. E chissà quanti secoli ci vorranno perché venga estirpata. Forse quando le persone smetteranno di farsi la guerra. Per questo è importante ricordare. Di quel passato paghiamo ancora le conseguenze. Il passato è un riferimento, il presente la base per il futuro, per vivere meglio e non ripetere gli stessi errori».

Piera Levi-Montalcini, nipote della celebre Rita, premio Nobel per la medicina nel 1986, è pronta a raccontare gli orrori della Shoah in un tour di sei tappe in Sardegna in occasione della Giornata della Memoria.

Una "quattro giorni”, dal 25 al 28 gennaio, tra Cagliari, Selargius, Sestu, Quartu, Donori, Elmas, per incontrare studenti e cittadini su invito di Antonella Angioni, docente di Diritto ed economia, con la collaborazione di Enzo Cugusi, dell'associazione sarda Gramsci di Torino.

Di famiglia ebraica, settantasei anni, ingegnera elettronica, presidente dell'associazione Levi-Montalcini, Piera porta avanti l'eredità spirituale di sua zia, espulsa dall'Università di Torino in seguito alle leggi razziali. Ed è alla sua prima visita in Sardegna. «La curiosità è tanta - spiega - ne ho sempre sentito decantare le bellezze».

Poi un pensiero ai giovani e alla «perdita di cervelli, su quante menti geniali e colte l'Italia abbia perso, costrette a scappare dal Paese a causa delle leggi razziali e delle persecuzioni. Avrebbero potuto contribuire al suo sviluppo ma non sono più rientrate, anche perché l'odio razziale non è cessato con la fine del conflitto», spiega.

Nonostante sia nata nel 1946, un anno dopo la fine della guerra, Piera Levi-Montalcini spiega di avere «respirato l'atmosfera discriminatoria verso le persone di religione ebraica. Mio padre ha dovuto rinunciare alla cattedra a Torino e mia zia, intuendo che avrebbe avuto vita difficile, ha deciso di rimanere negli Stati Uniti».

(Unioneonline/v.l.)

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