Olbia, al liceo "Mossa" il saggio di Filippo Pace
Un viaggio, nato dalla passione per il cinema western, alla scoperta del mito di Sergio LeonePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
È un saggio che nasce dalla nostalgia, dalla perdita (e dalla memoria), dal senso profondo della vita. “Sergio Leone: mito e poesia” (Edizioni Condaghes) di Filippo Pace è, prima di tutto, un viaggio di scoperta condotto dalla sensibilità dell’autore e da un’autentica passione per il maestro del cinema western. Per questo il testo critico, caratterizzato dal rigore della competenza, è capace di scavare nella poetica del regista tanto da svelare strade non ancora percorse nell’interpretazione dell’universo leoniano.
«Era il 2013 – ricorda Pace - un giorno in cui mio padre aveva un esame medico importante e io, che di solito lo accompagnavo, ero dovuto rimanere a casa. Quel giorno scrissi la prima pagina, forse una reazione all’idea della malattia, implicitamente anche della morte. Un modo per ritornare indietro nel tempo quando, da bambino prima e da ragazzo poi, guardavo con lui i film e quelli del grande regista romano in particolare».
Così il lavoro è un omaggio al padre Nunzio Pace, professore di lettere e intellettuale, animatore della politica e della cultura in Gallura, scomparso nel 2024. «La mia fascinazione per la favola e il mito sono anche il frutto del mio rapporto con lui, da sempre guida, faro illuminante, modello. – racconta lo scrittore, dottore in ricerca in letteratura italiana e docente di lettere e latino - Mio padre se n’è andato d’inverno, la mattina del trentuno dicembre. L’ultima chiacchierata con lui era stata su “Per un pugno di dollari” e il libro è arrivato pochi giorni dopo. In quelle mattinate, ho sentito che dovevo scrivere quel saggio su Leone: lo dovevo a mio padre e a me».
Nell’ampio panorama delle opere dedicate al regista, qui l’originalità dello sguardo. «L’idea è stata quella di approfondire la rappresentazione dell’atto del mangiare e il ruolo della bocca nel cinema del grande regista, così come la rappresentazione del corpo come sacrario della violenza – osserva l’autore - elementi che non sono secondari, ma che concorrono a rivelare la coerenza dell’universo poetico leoniano. Inoltre, ho dato una lettura dell’Indio, interpretato da Volonté in “Per qualche dollaro in più”, come il volto tragico del male infantile e ho individuato negli innocenti i veri buoni del cinema leoniano; infine, ho ricostruito la fenomenologia della poesia che caratterizza le sue pellicole, grazie anche al grandissimo Morricone, e ho messo in evidenza quanto la letteratura siciliana - penso a Tomasi di Lampedusa con Il Gattopardo, ma anche a Verga – possa essere utile per una migliore esegesi di “C’era una volta il West”. Sono contento dei riscontri che sto avendo: in molti mi hanno detto che il volume dice diverse cose nuove su Leone e apre nuovi spunti interpretativi».
Il volume, a carattere divulgativo, illumina l’impatto culturale di Sergio Leone e la sua influenza. «E’ senza dubbio il regista italiano più amato, conosciuto e studiato nelle Università di cinema nel mondo, persino più di Fellini – ricorda Pace -. Ha modificato il linguaggio filmico come solo Kubrick, Hitchcock, Welles hanno fatto. E la sua influenza è enorme, numerosi maestri hanno ammesso il loro debito nei suoi confronti: da Scorsese a Spielberg, da Coppola a Kubrick , da Peckinpah a Tarantino, da Walter Hill a Eastwood e tanti, ma veramente, tanti altri».
Il saggio verrà presentato stasera alle 18 al Liceo Scientifico “L.Mossa” nell’ambito della rassegna letteraria organizzata dalla Biblioteca Civica comunale, “Sul filo del discorso”. A moderare l’incontro il dirigente Gianluca Corda; presente la conduttrice radiofonica Rita Nurra e la poetessa Giuseppina Carta.
Come si racconta Leone a una platea di giovani? «Ai ragazzi direi che Leone è più attuale oggi di ieri. Liberiamolo da categorie interpretative fruste e banalizzanti che lo considerano cinico e sadico: il cinema di Leone è mito e favola e racconta, attraverso il pretesto del western e o del gangster movie, la nostalgia dell’infanzia, del tempo perduto e le ingiustizie di un mondo in cui il denaro e la legge del più forte determinano violenze e soprusi – afferma l’autore - Il suo cinema è quello del desiderio di un mondo più giusto e di un anarchico vagheggiamento di utopie e sogni. La nostra contemporaneità è caratterizzata da guerre e violenze e scrivere un libro su Leone è, per me, anche un chiaro atto politico, una netta presa di posizione».
Tra i suoi romanzi “C’era una volta la Rivoluzione” (2013), “L’uomo che lottava con i cani” (2016), “La ballata della regina senza testa” (2017), e, nell’ambito della critica letteraria, gli articoli su Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Salvatore Satta, Antonio Tabucchi oltre alla monografia “Il romanzo esistenzialista del Secondo Novecento italiano” (2014). Dedicato al mondo della scuola è, invece, l’ebook Colte idiozie (2013). La prefazione del volume è curata dal docente universitario di UniSS, critico e saggista, Aldo Maria Morace.
«Non posso non ringraziare il mio maestro Aldo Maria Morace, con lui ho lavorato per anni all’Università: la sua prefazione al mio libercolo è una gemma che mi permette un dialogo con i padri e il passato per continuare a lottare per il presente e provare a migliorare il futuro, sempre con i piedi per terra e facendo ampio ricorso all’autoironia, mia àncora di salvezza nei momenti difficili – chiude lo scrittore -. Aldo Maria Morace mi ha insegnato tantissimo e per sempre gli sarò debitore».