Come pensiamo si possa osservare, comprendere e vivere il mondo, in questo che possiamo chiamare non annus, ma saeculum horribilis con la guerra, le pandemie, i cambiamenti climatici e l’impatto della intelligenza artificiale, dal nostro piccolo punto di osservazione che è la nostra isola? Abbiamo bisogno di nuovi strumenti perché la politica non può essere ridotta alla semplice risoluzione dei problemi.

Per questo basterebbe un esperto, un amministratore. La globalizzazione e la deforestazione hanno ridotto la distanza tra il mondo animale delle grandi foreste e l’uomo. Nell’ultimo mezzo secolo il numero delle persone che si sono spostate attraversando “confini” è cresciuto in maniera esponenziale diffondendo con i loro spostamenti i virus epidemici. Cosi è capitato col Covid-19. Si calcola che ci sono voluti pochi giorni perché il virus si diffondesse fuori dalla Cina. Mentre gli scienziati hanno avuto bisogno di settimane per ricostruirne il percorso. Negli ultimi cinquant’anni anni sono stati scoperti più di quaranta nuovi agenti patogeni letali che hanno compiuto il salto di specie dall’animale all’uomo. L’ipotesi che possano esserci altre nuove epidemie è altamente probabile. L’esperienza del Covid-19 ha insegnato che bisogna essere preparati per tempo ad affrontarle per non chiudere gli ospedali alla loro normale attività e privatizzare la sanità pubblica. Come è successo al nostro servizio sanitario regionale.

L’emergenza climatica è tra noi, nelle nostre vite. Essa si caratterizza per condizioni meteo imprevedibili: da siccità estreme come la siccità del 2007, nel nord della Siria durata due anni che trasformò terre fertili in lande aride e costrinse milioni di persone a scappare dalle loro terre; dall’altro canto altri luoghi con insostenibili inondazioni. Noi, nella nostra isola siamo nella prima condizione. Andare al mare e fare il bagno a Natale non è una bella esperienza, ma un dramma se pensiamo che nello stesso momento negli Stati Uniti le temperature sono polari. Pertanto dobbiamo ridurre le emissioni di CO2, abbandonare i fossili come fonte di energia, ridurre l’uso di auto, ricostruire un ambiente boschivo che dia ossigeno e catturi i gas serra. La rivoluzione digitale, poi, ha bisogno di essere gestita perché non sia discriminante. Se da un lato i device indossabili consentiranno per chi potrà accedervi di prevenire le malattie ed aver accesso a cure migliori, per il momento cominciamo ad avere accesso a strumenti digitali che aumentino le nostre conoscenze e ci avvicinino al potere decisionale. Il potere digitale nelle nostre mani ci può rendere più visibili e capaci di decidere del nostro futuro.

Antonio Barracca

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