Una storia poco conosciuta quella dell’esodo giuliano-dalmata in terra sarda. È stata una interessante scoperta per gli studenti del Liceo Paglietti di Porto Torres che, nei giorni scorsi, hanno visitato l’Ecomuseo Egea di Fertilia, borgo di Alghero nato nel 1936 per accogliere la popolazione in eccesso della provincia di Ferrara. Nel 1947 divenne centro di raccolta per esuli  istriani, giuliani e dalmati che in fuga dalla Jugoslavia di Tito, trovarono casa a Fertilia riuscendo a scampare all’orrore delle foibe.

Alcuni docenti di Filosofia e di Storia dell’arte del liceo di Porto Torres hanno intrapreso una progettualità volta a rievocare alcuni significativi passaggi della storia italiana contemporanea, attraverso la ricerca testimonianze per recuperare la memoria storica del territorio di appartenenza. È bastata dunque una semplice sbirciata alla cartina della Nurra e dintorni affinché gli alunni scoprissero che a soli venti minuti dalla città turritana, si è consumato il lieto fine di un’epopea drammatica che ha riguardato un pezzo importante di storia d’Italia tra il 1943 e il 1970.

Ad accogliere gli studenti a Fertilia è stato Marco Cossu, presidente dell’E.GI.S (Ente Giuliano di Sardegna), il quale ha illustrato il programma della giornata prima di condurli presso l’Ecomuseo Egea, dove hanno conosciuto Mauro Manca, presidente dell’Associazione Egea, nonché nipote di un profugo istriano. Mauro ha raccontato ai ragazzi la storia della città e delle persone che l’hanno popolata nel tempo a partire dall’arrivo dei ferraresi negli anni Venti con le bonifiche della laguna del Calik e delle aree agricole circostanti. La comunità è stata poi integrata da famiglie provenienti dalle ex colonie di Eritrea, Etiopia, Rodi e Libia, ma il grosso della comunità è ancora oggi costituito dagli esuli istriani e dalmata-giuliani. Gente fuggita dalla propria terra che tuttora lotta strenuamente per salvaguardare la propria identità e preservare il ricordo della tragedia subita negli anni dell’immediato dopoguerra. Rimanere in Istria significava per loro rinunciare ad essere italiani e diventare forzatamente slavi. Per chi si opponeva si prospettava la prigionia e nel peggiore dei casi l’infoibamento.

Simbolo e icona del dramma ma anche del riscatto è Egea, la “bambina con la valigia” di cui il museo racconta la storia e conserva la foto originale donata lo scorso anno proprio da Egea Affner, superstite testimone dell’esodo. La giornata si è conclusa incontrando presso la biblioteca pubblica sede dell’E.GI.S. la scrittrice Marisa Brugna che nella sua autobiografia “Memoria negata” racconta la sua fuga, la permanenza per oltre dieci anni in un campo profughi ed infine la libertà raggiunta con l’approdo in Sardegna. 

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