Le sue paure sono sempre state carburante prezioso per la sua ar-te. Ha bisogno di sentirsi avvolta dal terrore per capire quali sono i suoi confini, superarli e immergersi nella pace oltre la paura. Luciana Aironi è diventata un'artista a fatica, lavorando duro, con-tro la volontà di tutti. L'Accademia le ha rivelato il potere delle sue armi, la vita le ha affilate.

Lavora con quello che trova, taglia, cuce, stampa, salda, incolla. Ma il carburante è sempre quello, la paura. Che respinge, ma allo steso tempo attrae: "Ho bisogno di immergermi in quel mare oscu-ro, anche se lì incontro le mie paure più profonde".

Per questo si è trasformata in un pesce rosso. "È la parte positiva del mio terrore del mare - racconta - il pesce rosso non ha ricordi, resetta la sua memoria ogni 30 secondi" . Non ha passato, non ha futuro, non ha tempo per la paura.

Attraverso l'alter ego dei suoi pesci rossi, Luciana esplora gli abissi dell'io, rappresentato da scheletri immersi nelle trasparenze livide di una radiografia. "Le lastre rappresentano l'interno, un mare blu di tranquillità" dove il pesce smemorato si muove in pace, percorrendo traiettorie circo-lari, voli leggeri tra una clavicola e un metacarpo. Luciana lo segue e segna i suoi sentieri col filo rosso. Orli di colore tra le tante magagne evidenziate da raggi X: un seno malato , un femore fratturato, principi di artorsi, cervicali compresse. Per il pe-sce solo segni, in un mare di possibilità, che durano solo 30 se-condi.

"I materiali che uso per lavorare sono assolutamente casuali - spiega - quelle lastre mi sono capitate in mano per caso e ho ini-ziato a fantasticare su quelle strane linee che mi ricordavano i fon-dali sottomarini. Poi è arrivato il pesce, e con la macchina da cuci-re ho assemblato tutto" .

Inizialmente erano disegni, applicati sul supporto radiografico, poi la tecnica si è evoluta.

"Ho iniziato a incidere i miei pesci su supporti di linoleum, poi stampati sulle radiografie". Procedure imparante sui banchi dell'Accademia, tra colori, serigrafie, torchi. "Utilizzo pigmenti a olio e ci lavoro un po' su" .

E poi il filo rosso che segna i guizzi e le evoluzioni dei suoi pesci: un tratteggio casuale, cucito direttamente sulla foto delle ossa. "L'uso del cucito è legato al mio inconscio -continua Luciana- ma utilizzo il filo solo per creare un effetto materico. La macchina da cucire è un ricordo, un elemento caro del mio passato". Le radiografie non sono tutte sue. Amici, parenti, conoscenti. Or-mai sanno che va a caccia di vecchie lastre e gliele regalano. "Non è importante la provenienza della radiografia, il senso è sempre quello di un tuffo nelle acque profonde dell'essere umano. Chiun-que sia. È un acquario dove i miei pesciolini si muovono a loro agio".

I teatrini di Luciana prendono vita in una stanza di 15 metri quadra-ti, il suo laboratorio, il suo "acquario". Un guscio creativo pieno di storia e memoria, al secondo piano della casetta di Santu Predu che, da anni divide con Fiamma, la "fotografa della sua vita".

Lastre stampate che pendono da un filo, appese ad asciugare. Gabbie di ferro che attendono di essere assemblate per contenere la retroilluminazione dei suoi lavori. E in un angolino la Singer che cuce i sentieri dei suoi ricordi. E poi ancora colori, resine, colle, pennelli. Vecchi lavori, per ricordare antichi paesaggi, il suo per-corso, la sua identità.

Ma Luciana non vive solo di arte. Di mestiere porta conforto ai ma-lati di Altzheimer. Ha iniziato curando sua nonna, e non ha più smesso. Sono loro i suoi pesci rossi senza memoria e senza ricor-di. Li prende per mano, asseconda i loro brevi desideri, li coccola con una dolcezza inedita nascosta sotto una borsalino di paglia dalla falda stretta.

"Lavorando con loro mi trasformo. Cerco di resettare la mia mente per capire meglio quello che provano. Immergermi nel loro mondo mi fa bene, a volte. Fino a che non arriva il terrore di dimenticare. A quel punto anche la paura diventa preziosa".

La vita le ha indurito un po' il sorriso, ma racconta le sue storie con passione e ride delle sue paure e dei giudizi di chi, delle cose, vede solo la crosta. Ma sotto la crosta cosa si nasconde? Lo rivela nel suo ultimo progetto accademico: un lavoro di qualche anno fa: la sua tesi di laurea. In una sequenza fotografica, il suo volto che si trasforma in un Mamuthone attraverso l'azione di tanti minuscoli pixel che trasfigurano i suoi lineamenti fino a mutarli in una maschera terrificante. Una crosta che protegge l'essenza.

"Indossando quella maschera ho provato la libertà di muovermi all'interno di un involucro magico che mi dava il potere di fare qua-lunque cosa, immune da giudizi. Ecco, in quel momento ho sentito cosa si prova ad essere la paura".

Luciana Aironi espone 23 sue opere da "MancaSpazio", galleria nuorese di Chiara Manca, nel quartiere di Santu Predu. Inaugurazione il 31 luglio alle 19
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