Questa mattina, a Milano, l'architetto Vittorio Gregotti ha lasciato il mondo che aveva contribuito a fare più bello. Aveva 92 anni ed era ricoverato per una polmonite.

Nato a Novara nel 1927, si era laureato in architettura nel 1952 al Politecnico di Milano e nel corso della sua straordinaria attività di caposcuola dell’architettura italiana “storicista”, ha avuto modo di lasciare la sua firma su alcuni importanti progetti anche in Sardegna.

Dal 1953 al 1968 collaborò con Ludovico Meneghetti e Giotto Stoppino.

Nel 1974 fondò la Gregotti Associati di cui è stato presidente.

Docente di Composizione architettonica presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, ha insegnato nelle Facoltà di Architettura di Milano e Palermo.

Nel corso della sua attività accademica è stato anche “visiting professor” alle Università di Tokyo, Buenos Aires, San Paolo, Losanna, Harvard, Filadelfia, Princeton e Cambridge.

Tra i suoi tantissimi progetti la risistemazione di Potsdamer Platz a Berlino, il Teatro degli Arcimboldi a Milano, il Gran Teatro Nazionale di Pechino, la Chiesa di san Massimiliano Kolbe a Bergamo, ma anche in Sardegna.

Suo il progetto tecnico della Piazza San Marco di Portorotondo, cuore pulsante dello splendido borgo gallurese fondato da Luigi e Niccolò Donà Dalle Rose.

Oggi a Portorotondo è rimasto Luigi Donà Dalle Rose che ricorda con tanta nostalgia il grande architetto.

“Invitammo Andrea Cascella e con lui arrivò in traghetto anche Vittorio Gregotti – spiega Luigi Donà Dalle Rose che oggi, con la Fondazione Portorotondo, porta avanti il Percorso dell’arte con stupendi capolavori di grandi artisti come Mario Ceroli ed Emanuel Chapalin – che doveva tradurre in progetti esecutivi le idee di Cascella”.

Secondo Gregotti, che ha lasciato un bel ricordo nel libro edito dalla Fondazione Portorotondo per descrivere tutti capolavori presenti nel borgo, “la Porto Rotondo del nuovo millennio ancora non esisteva nel 1966, il nome evocava solo la rotondità perfetta del piccolo porto con l’acqua cristallina. Da lì nacque l’idea che la piazza dovesse ispirarsi a questa forma: sarebbe stata rotonda, leggermente degradante e, in fondo ma non perfettamente al centro, Andrea avrebbe realizzato una scultura. L’idea era che il tutto assomigliasse a un piccolo catino con un tappo”.

Anche l’archistar Stefano Boeri lo ha ricordato nella sua pagina Facebook scrivendo “che con lui è scomparso anche un saggista, critico, docente, editorialista, polemista, uomo delle istituzioni, che - restando sempre e prima di tutto un architetto - ha fatto la storia della nostra cultura. Concependo l'architettura come una prospettiva sull'intero mondo e sulla intera vita. Che grande tristezza".

L.P.
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