«Cara Unione,

ho letto con piacere la lettera di quel romano che ha scoperto la Sardegna 42 anni fa.

Ho spesso pensato di scrivervi anche io, che ho conosciuto la Sardegna ben 55 anni fa.

Mi mandarono da Roma a fare il CAR a Sassari, e solo dio sa i pianti che feci: era la prima volta che lasciavo la terraferma e vedevo la Sardegna come un posto difficile, incomprensibile anche sotto l'aspetto della lingua.

Finito il servizio militare dopo due anni venni a vivere nell’Isola, dove sarei rimasto altri dieci anni, e grazie ai sardi e alla loro fiducia riuscii ancora giovanissimo a farmi una posizione.

Ho lavorato tanto e tantissimo ho ricevuto in cambio grazie anche all'amore che i sardi nutrono in generale per i "continentali" e per i romani in particolare.

Sentivo dire della durezza caratteriale dei sardi e della difficoltà di riuscire ad entrare nelle loro grazie. Tutto il contrario: nell’Isola ho trovato affetto, disponibilità, amore anche perché vedevano in me un giovane coraggioso, parliamo degli anni ‘70 e ci volle tanto coraggio a lasciare Roma ma proprio tanto.

Sono stato ampiamente ripagato e porto nel cuore tutti coloro (tanti, purtroppo, vado al cimitero a trovarli) che hanno fatto di me un uomo migliore. 

Con i sardi sono cresciuto e mi sento più sardo che romano, la mia vita è stata migliore anche economicamente grazie ai sardi.

A distanza di 55 anni torno ogni mese a Sassari a ritrovare coloro che hanno contribuito al mio star bene, ne sono rimasti pochi ma sento come un debito di riconoscenza. Questa terra mi ha anche fatto conoscere una donna meravigliosamente sarda. Non potevo sperare di meglio.   

Grazie di cuore».

Massimo Marzella – Roma

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