«Cara Unione,

lui era molto più grande di me. Mio fratello un giorno aveva appiccicato quella foto al muro e da allora il nostro rapporto era diventato speciale. Avevo cominciato a frequentare i ragazzi della mia età e avevo già avuto qualche piccola storia, ma con Gigi era diverso. Gigi non era una storia come le altre, Gigi era LA STORIA.

Nel 1980 avevo diciassette anni e lui passeggiava per Cagliari, tranquillo, di norma serio, solo qualche volta abbozzava un mezzo sorriso per rispondere a un saluto, spesso senza parlare. Meglio. La sua voce non era bella come il suo sinistro, sarebbe stato troppo, sarebbe stato perfetto. Comunque, Gigi Riva per me era perfetto in quella rovesciata, sospeso per sempre in aria, attaccato al muro della stanza di mio fratello.

Quel giorno chiacchieravo in via Paoli con Francesca, ero contenta, dicevamo stupidaggini, segreti, e ridevamo. Ridevamo moltissimo.

Mi rivedo.

Sono appoggiata a un’auto, lei in piedi di fronte a me.

A un certo momento, proprio alle spalle della mia amica, vedo Gigi spuntare in lontananza e venire verso di noi.

Il cuore si rovescia, impazzito. Non respiro.

Sgranando gli occhi in segno di avvertimento, dico fra i denti a Francesca:

– STRRVNDGGRV! –

- EH?- mi risponde.

-SHHHHHHHH! Sta arrivando Gigi Riva! – ripeto sottovoce, facendomi scudo col suo corpo perché Gigi, che si avvicina sempre più, non legga il labiale.

Lei ride.

–MSTGRDND! DVVR!- dico io, mentre sbircio dalla spalla della mia amica che, nel frattempo ride a crepapelle.

-MA SEI SCEMA!? COSA DICI???- fa lei.

– Ho detto che mi sta guardando! Davvero!- ripeto sotto sotto sotto voce.

In effetti lui mi guarda, senza dubbio, e guarda solo me.

Mi guarda dritto negli occhi e mentre si avvicina le sue labbra si aprono in un sorriso, non mezzo, come al solito, ma intero.

Voglia di morire, di ridere, di piangere. Mi succede di tutto dentro e potrei fare di tutto tranne fuggire. Fuggire no! Non sarei fuggita da quella situazione per nessuna ragione al mondo.

Mi guarda. Sostengo lo sguardo. Ride. Rido. Ormai è così vicino che quasi lo posso toccare. Il mondo intorno è come sparito. Francesca è sparita proprio, è entrata in farmacia.

Lei fa ancora così, dissente in modo discreto e in certi frangenti mi lascia da sola.

Le ginocchia tremano. Meno male che sono appoggiata, quasi seduta, sul cofano di quell’auto, se no svengo.

-Scusa... - mi dice lui, Gigi Riva.

Non credo ai miei occhi e alle mie orecchie, mi ha parlato! Ingoio, ridendo come inebetita.

E lui di nuovo - Scusa... Non è che ti sposti dalla mia auto, per favore? -

AHHH.

Sento un tonfo dentro, così forte che mi guardo intorno per capire se lui o altri passanti l’abbiano sentito anche loro.

Come uno scoppio, come uno sparo, una bomba...

Per mille volte ancora mi appoggerei a quell’auto a chiacchierare e a ridere con Francesca e per mille volte ancora sarei disposta a quella figura di merda. Soltanto per sentire dentro quel rombo di tuono.

Gigi non lo sa».

Maria Giovanna Ferraro – Cagliari

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