“Cara Unione,

scrivo per raccontare come è morto mio fratello in ospedale, nel settembre scorso e dunque in periodo di Covid.

Scrivo perché vorrei far presente come non sia il Covid ad uccidere, ma la malasanità e le regole che dispongono gli ospedali in caso di ricovero.

In questo caso parlo, purtroppo, di un ospedale sardo e del reparto di medicina d’urgenza.

Il 5 settembre abbiamo chiamato l’ambulanza perché mio fratello perdeva sangue dall'esofago ed avendo subito una laringectomia totale pensavamo che la soluzione migliore fosse proprio il ricovero nella stessa struttura dove era stato in precedenza operato.

Una volta al pronto soccorso ho però perso i contatti con mio fratello Non mi hanno fatto andare con lui e mi hanno detto che mi avrebbero avvisato in caso di ricovero. Dopo ore di telefonate al pronto soccorso dove non ha risposto nessuno ho quindi scoperto che mio fratello era stato ricoverato in medicina d’urgenza. Peggio che mai ...tutta la famiglia ha cercato di contattare il reparto senza avere risposte.

Fortunatamente mio fratello stava bene e siamo riusciti a comunicare con lui tramite messaggi perché non avendo voce non ci potevamo sentire. Ci ha chiesto la roba x cambiarsi, la connessione wi-fi e soprattutto le sue medicine che assolutamente non doveva saltare di prendere perché seguiva una chemio per il fegato e se non le prendeva per un giorno soltanto sarebbe entrato in encefalopatia che lo avrebbe portato al coma e al rischio morte.

Ho lasciato il tutto all'ingresso dell'ospedale, e la consegna è avvenuta alla sera dopo le 20.30. È stato ricoverato in una stanza deposito dove non c'era neanche il campanello d’allarme. Insomma riassumendo mio fratello è stato lasciato lì dove poi è caduto per andare in bagno con frattura del setto nasale.

Non riusciva più a camminare. Nessuno gli ha dato la sua terapia vitale. Nessuno lo aiutava per andare in bagno. Nessuno lo puliva e cambiava. Nessuno lo aiutava a caricare il cellulare. Per giorni non ci ha risposto ai messaggi, e i medici alle telefonate. Mi sono presentata più volte per spiegare la situazione ed avere notizie ma dicevano che potevo avere notizie solo per telefono, dalle 13 alle 14 .Una volta un dottore ha detto che mio fratello stava bene e rispondeva bene alla terapia antibiotica. Era strano però, il suo silenzio. Poi, dopo otto giorni di ricovero, alle 20 ci hanno chiamato dall'ospedale per dirci che potevamo passare a vederlo perché non stava molto bene. Mi sono precipitata subito all'ospedale e alle 20.30 son riuscita a vederlo. Blocco deserto. Non c'era un medico o un infermiere, ero completamente persa. Bussando di porta in porta son riuscita a raggiungerlo, e ho visto una scena terrificante.

Mio fratello era sdraiato nel suo letto in una camera/deposito dove c'erano dei computer buttati in un angolo. Lui era era completamente sporco con il sangue raffermo nell’esofago. I suoi abiti sporchi erano ancora addosso mentre quelli puliti, che io gli avevo portato, buttati a terra in una busta della spesa circondata da formiche che sono arrivate anche sul suo letto. Le sue medicine vitali mai toccate: erano ancora nella borsa come io le avevo messe. Il cellulare era spento e il pc lontano dalla sua portata. Il suo viso era un disastro con le ferite ancora evidenti della caduta.

Ho cercato subito un medico ma non c'era nessuno. Quando mio fratello mi ha visto in un primo momento non mi ha riconosciuto perché ho dovuto indossare copricapo, copriscarpe e vestaglia. Poi mi guardato bene negli occhi, ha sentito la mia voce e mi ha detto con le lacrime agli occhi: ‘Sei mia sorella?’. Mi ha detto subito che voleva andare in bagno e aveva tanta sete: gli ho dato dell’acqua con la cannuccia nella bottigliette che lui non riusciva a raggiungere. Ha bevuto come se fosse stato in un deserto. Con tutte le mie forze sono riuscita metterlo in piedi perché non riusciva ad andare di corpo sdraiato con il panno. Era cosciente e consapevole che se non andava di corpo almeno una volta al giorno sarebbe entrato in encefalopatia. E lui era già 6 giorni che non andava proprio perché non gli hanno dato le sue medicine. A malincuore non sono riuscita a portarlo in bagno e con estrema fatica l’ho rimesso a letto. Ho urlato in tutto il reparto chiedendo aiuto per darmi una mano, ma nessuno rispondeva: sembrava di vivere in un incubo.

Ho lasciato mio fratello che dormiva alle 23.30. Gli ho promesso che la mattina dopo sarebbe passata mia sorella a pulirlo e prendersi cura di lui visto la situazione e la condizione in cui lo stavano lasciando abbandonato. La mattina alle 7.30 arriva una chiamata che ci annuncia il decesso di mio fratello.

Come è possibile lasciar morire un essere umano da solo, in un ospedale dove non c’è personale, dove non viene seguito, dove ci impediscono di entrare e magari fare in modo di aiutare lo stesso personale?

Mio fratello è stato lasciato abbandonato in un deposito privo di campanello...lui che non aveva neanche voce per urlare e chiedere aiuto.

Ma dov’è la sanità? Dove e come stiamo vivendo? La rabbia è troppo grande e voglio far sapere a tutti come è morto mio fratello. Non per malattia ma per malasanità.

Lui che ha vinto tante guerre e assieme le abbiamo superate. Lui che aveva tanta voglia di vivere. Lui il guerriero Beppe”.

Lettera firmata*

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