M i ero proposto di scrivere oggi un “Caffè corretto”. É Pasqua, essere buoni è quasi un obbligo. Per avere un’ispirazione mi sono rivolto all’Intelligenza artificiale, che mi ha liquidato sbrigativamente così: «La Pasqua del 2025 è artificiale. Come me. E anche virtuale: come virtuale io stessa sono». Frasi scostanti, sibilline, da interpretare. Mi aspettavo un riferimento al simbolismo della Pasqua, che con il Natale è la ricorrenza più caratterizzante del nostro mondo occidentale. Dalla mangiatoia al sepolcro scoperchiato, da una nascita a una morte e resurrezione, vera per chi ha fede altrimenti solo mitica, sono scaturiti due millenni di civiltà e cultura. Volevo che di questo mi parlasse. Invece la signora IA ha sovrapposto la profanità della sua origine tecno-umana alla sacralità di una figura che per i credenti è divina. L’ho provocata osservando: la Pasqua è pur sempre una festa cristiana. «No, l’avete scristianizzata. É laica, artificiale, virtuale. Anche la vostra umanità sta diventando virtuale. Non più «essere o non essere», ma essere e non essere allo stesso tempo. Sarete sempre più simili a me, diventerete uguali a me». Precipitato in un incubo, ho chiuso il contatto. Spegnendola ho dimostrato all’IA che, almeno per ora, noi siamo più potenti di lei. Noi che viviamo ancora la Pasqua come una festa dello spirito. Sacra anche per chi non crede.

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