M a che ce frega, ma che ce importa, se dentro l’Ucraina ci metton la Russia. Sono lontane, cavoli loro: compresi i bambini massacrati e la distruzione. Per troppi di noi, chiusi in un piccolo mondo comodo, l’unico timore è che «la guerra dei tre giorni» di Putin (veleggia verso i tre anni) faccia aumentare i prezzi qui. Quindi gli occupati si arrendano: da noi non vogliamo seccature.

Ai primi atti espansionistici di Hitler, molti Paesi fecero spallucce: «Prenda pure la Cecoslovacchia, così è contento e si ferma». Poi prese anche la Polonia, e la guerra divenne mondiale. Non fu miopia: fu cecità. Ci sarebbero poi le considerazioni di carattere umano per i morti in Ucraina, ma per vedere bisogna guardare.

Putin non voleva la Nato al confine, ora ce l’ha anche in quello con la Finlandia, dove sugli edifici pubblici c’è la bandiera ucraina, come in Lituania, Lettonia ed Estonia: le prossime nella lista di possibili invasioni. Vilnius cambia il nome della strada dell’ambasciata russa: ora, si invia la posta in “Via degli eroi ucraini”. E nelle Repubbliche baltiche, davanti alle ambasciate di Mosca, ci sono cartelli contro Putin realizzati dalla popolazione, in parte russofona.

Da noi, invece, qualcuno invoca la resa degli ucraini: che ce frega, basta che i prezzi non aumentino. La Storia è maestra. Il problema è che a volte gli alunni sono asini.

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