O ra ne abbiamo la conferma: eravamo asini. Mi riferisco a me e ai miei compagni di liceo. Lo erano stati anche quelli delle tre generazioni precedenti e lo furono quelli della successiva. Lo deduco dagli esiti degli esami di maturità di quest’anno: tutti promossi, molti con lode. In quei tempi, temporibus illis direbbe il mio professore di latino, i promossi erano pochi, molti i rimandati a settembre, un terzo circa i bocciati. L’esame di maturità era l’esame della vita. Chi lo superava si sentiva pronto per qualunque altro cimento. Era il collaudo della macchina psicofisica dei giovani che si affacciavano sul mondo degli adulti. Se qualcuno avesse detto che «D’Annunzio è stato un bravo estetista» e «Mussolini un convinto comunista» sarebbe stato respinto. Oggi chi lo ha affermato con spavalda ignoranza è stato promosso. Come quello studente che ha ammesso di non sapere chi sia un certo Sergio Mattarella. Se ne deduce che per essere promossi basta fare atto di presenza. E che dire di un membro (absit iniuria verbo) di una commissione esaminatrice, che audacemente precisa: «Bruxelles è la capitale non del Belgio ma del Lussemburgo»? Poco male. Persino Gigi Di Maio commise un errore di geografia quando disse che Matera sta in Puglia. Eppure è diventato ministro degli Esteri. C’è speranza per tutti.

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