N el 1987, ricevute le dimissioni di Craxi, Cossiga diede l’incarico a Nilde Iotti. Non era un mandato pieno ma esplorativo, cioè la missione non era di guidare un nuovo esecutivo ma di facilitarne la nascita, eppure l’abbinamento governo-Iotti suonò suggestivo per due motivi, riassunti dalla vignetta di Ellekappa di quel giorno su Repubblica. “Cossiga incarica Iotti: in quanto donna o in quanto comunista?”, chiedeva il primo personaggio. E il secondo: “In quanto non ce la fa”. Il dialoghetto torna in mente in questi giorni di fine settennato, mentre alcuni sceneggiatori si esercitano ancora nel fantasy (Mattarella bis) o nell’horror in 3D (Berlusconi) e però tanti politici autorevoli assicurano che “è il momento di una donna”, restringendo coraggiosamente il campo a qualche milionata di italiane ultracinquantenni ma senza fare nomi, non si sa mai che finiscano bruciati, né identikit, che poi magari il dibattito si fa concreto, arricchito dalla fisionomia umana e politica di ciascuna e non solo dal suo genere. Ok, continuiamo così. Ma intanto che giriamo attorno al Colle, almeno chiediamoci come mai si parli tanto e regolarmente di una presidente ma non di una premier. Forse il motivo è che se poni una questione ogni sette anni e non ogni 14 mesi, durata media dei governi italiani, è più facile non darle risposta.

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