L a Corte Costituzionale ammonisce: la Sanità è l’ultima spesa da ridurre, sacrificare prima le altre. Troppo giusto e troppo vero; la Sanità pubblica, nonostante i proclami e le cifre lanciate come coriandoli, è sottofinanziata dallo Stato che scarica sui cittadini il peso di una inefficienza conclamata. Il richiamo della Consulta vale per la Sanità come per buona parte della spesa pubblica che finanzia l’inutile a scapito dell’utile con buona pace del popolo sovrano o sovranista che sia. Che le mancette sostengano la sagra del cinghiale o del casu martzu ci sta; in Italia si contano 20 mila eventi che, rinforzate dal buon mangiare e miglior bere, ravvivano la storia e le tradizioni delle comunità. Ben altro è il ponte sullo Stretto: senza aver smosso neppure un palmo di terra sono stati spesi 1,1 miliardi per la felicità dei siciliani costretti a docciarsi con l’acqua minerale. C’è uno sperpero di denaro pubblico da paura: strade senza uscite, ferrovie senza binari, autodromi senza auto, reti fognarie senza depuratori; opere lasciate a metà, altre che portano al niente: circa 700 secondo una stima. Il politico in tonaca don Luigi Sturzo aveva battezzato “cattedrali nel deserto” le grandi opere industriali collocate in zone inadatte: Ottana, Gela e tante altre. Nonostante gli avvisi, i naviganti procedono indefessi prendendoci per fessi.

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